TEMI   DI   PSICODIALETTICA

a cura del

Centro  internazionale  di  Psicodialettica

Caposcuola e fondatore: Prof. Luciano Rossi

Responsabile del Centro: Dott.ssa Lisa Marchetta

 


Dizionario di Psicodialettica

 

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DIZIONARIO   DI   PSICODIALETTICA

Fonte principale: Dizionario junghiano di Paolo Francesco Pieri

(selezione delle voci e dei brani a cura di Luciano Rossi)

   

 

Lo psicoterapeuta avveduto sa da tempo che ogni trattamento complesso  è un "processo dialettico".

 (Jung, 1951, vol. 16)

 

PREMESSA

 

L'intero processo terapeutico per Jung è costituito da quattro segmenti: confessione, delucidazione, educazione e trasformazione. Solo quest'ultimo è precipuamente junghiano. Costituita da una successione di stati e di operazioni (passaggi di stato o movimenti), la quarta fase del processo terapeutico è stata da Jung anche chiamata 'processo d'individuazione'. In tale fase quarta sono distinguibili cinque elementi, come mostra il grafico seguente.

 

 

 

 

 

 In cui ai numeri corrispondono le seguenti voci di Dizionario:

1                     CONFESSIONE  o  CATARSI

2                     ELUCIDAZIONE

3                     EDUCAZIONE

4                     TRASFORMAZIONE, INDIVIDUAZIONE

4.1                 STATO INDISTINTO, INDIFFERENZIATO

4.2                 DIFFERENZIAZIONE

4.3                 STATO DIFFERENZIATO

4.4                 INTEGRAZIONE

4.5                 STATO INTEGRATO

Il motivo per cui nel grafico esistono delle frecce di feed back consiste nel fatto che l'aver ottenuto la sintesi di una o più coppie di contrari non esime dall'ulteriore compito di altri confronti con l'inconscio che possono richiedere o avvantaggiarsi di altre confessioni o ulteriori momenti di elucidazione o di educazione. Anche nel momento in cui ci si occupa di complessi (4) può capitare di doversi tornare ancora ad occupare di pulsioni.

Infatti. Un'ulteriore precisazione va fatta proprio a proposito dello stato indistinto, o indifferenziato, in cui si troverebbe l'analizzante dopo aver già percorso ben tre frazioni del suo cammino. Indifferenziato rispetto a cosa? Al punto 2 e al punto 3 c'era stata la differenziazione dell'io dalle pulsioni conflittuali (analisi, accettazione, espressione, elaborazione), ma l'inconscio collettivo non era ancora stato toccato. Si erano guardati il desiderio e il bisogno personali e la risposta  conflittuale del mondo; si erano osservate e controllate le reazioni automatiche alla frustrazione conflittuale.  Ma gli archetipi e i complessi che attorno ad essi si erano costellati non erano stati affrontati. L'individuo è ben lontano dalla sua totalità. È la tipicità della costellazione, che in ognuno si forma in modo peculiare e personale attorno agli archetipi comuni a tutti, ciò che ci rende unici.

Quelli che sono ancora indifferenziati alla fine dello stadio 3 sono dunque alcuni elementi complessuali precipui che costituiscono la nostra individualità, unicità, peculiarità, per cui si rende necessario un processo che ci individui rispetto al collettivo sociale e alla natura. Questa indifferenziazione complessuale rende inoltre i complessi indisponibili al costituirsi della totalità ed è fonte di pericolo per la psiche.

L'esistenza inconscia di complessi ad alta carica affettiva matte in pericolo sia il coordinamento della psiche totale da parte dell'Io, sia la collaborazione fra complessi archetipici e complesso dell'Io. In una parola tale psiche indifferenziata difetta di totalità e pecca di unilateralità. Totalità che è partecipazione dell'intera psiche ai processi cognitivi e decisionali.

Individuazione è ricerca dunque non solo di unicità, ma anche di totalità, qualità entrambe carenti a questo punto del lavoro. La equilibrata partecipazione degli archetipi alla condotta della vita è ancora un fattore assente e sconosciuto alla coscienza individuale. Non ci resta allora che seguire passo dopo passo la conquista dialettica di questa ambita condizione.

Per farlo seguiamo passo dopo passo la trattazione e la definizione delle singole fasi e dell'intero processo, così come si trovano esposte nel "Dizionario junghiano" di Paolo Francesco Pieri edito dalla Bollati-Boringhieri. Le uniche parti non appartenenti al dizionario saranno poste fra parentesi quadre.

 

 

4 - L'intero processo trasformativo:  TRASFORMAZIONE, INDIVIDUAZIONE

 

Trasformazione: Il termine indica propriamente la transizione dell'energia psichica da uno stato ... all'altro, [ma in modo che] il senso di un certo stato psichico è possibile reperirlo soltanto in riferimento a un altro stato psichico. Poiché tra i due stati è indicato un mutuo rimando anziché un rapporto disgiuntivo, si può dire, più in generale, che la trasformazione è intesa come il processo di mutamento di uno stato psichico in un altro, che avviene all'insegna della continuità. In tal senso il termine viene a designare un'alterazione psichica che è un mutamento della libido secondo la categoria della qualità e non della quantità di energia impiegata dai differenti contenuti psichici espressi in ciascuno stato.

Per le differenti teorie che vi convergono, la nozione di trasformazione dev'essere considerata sotto due aspetti fondamentali, e precisamente: 1) nell'uso che Jung ne ha fatto; 2) nell'interpretazione che lo stesso Jung ne ha dato. Al di là dell'uso e delle interpretazioni, le forme fondamentali in cui viene in evidenza la trasformazione psichica sono due, e precisamente: la progressione e la regressione. Ciascuna delle due forme produce a sua volta trasformazioni nel senso dell'estroversione e dell'introversione.

Considereremo qui la nozione di trasformazione esclusivamente quale si è venuta a configurare nella svolta che ha compiuto il pensiero junghiano rispetto al modello naturalistico freudiano, ed escludendo dal suo ambito le nozioni di energia, causa, forza eccetera, e cioè escludendo tutte quelle nozioni che retrospettivamente lo stesso Jung ha riferito al termine trasformazione. In effetti, quelle nozioni recano in sé una portata storica e problematica che, seppure attinente, è completamente diversa da quella del termine in questione e tale che non può addurre molto luce sul suo significato o sui suoi problemi. Intenderemo perciò con il termine trasformazione una transizione psichica, in quanto: a) viene intesa diversa o indipendente da una qualsivoglia causa o forma razionale o naturale; b) viene altresì intesa suscettibile di trattamento analitico o portatrice di elementi di cura di quello che, per così dire, era lo stato psichico antecedente; e ciò perché c) ci si sente obbligati a non uscire direttamente dalla condizione psichica in cui ci si trova per modificare, per così dire, lo stato delle cose, bensì si viene a considerare radicalmente che qualsivoglia mutamento delle cose è possibile a partire dalle cose stesse in cui siamo. La trasformazione viene comunque tenuta distinta dall'"evoluzione" che insieme al suo stretto sinonimo "sviluppo", fa essenzialmente riferimento al "progresso" unilineare e (più o meno) irreversibile.

 

Individuazione: «[L'individuazione è un] concetto centrale della psicologia analitica con cui s'intende genericamente il divenire [dialettico] della personalità, e in particolare il processo di continua trasformazione di un'individualità che viene psichicamente a costituirsi in riferimento a una sostanza comune o collettiva. La questione psicologica, che l'individuazione pone, riguarda come si sia costituito quest'uomo e contemporaneamente questo mondo (interno e esterno) e, insieme, come si siano costituiti i loro segni.

 ...

Jung utilizza questo termine ... nell'espressione "processo d'individuazione", inteso come l'articolazione di due sottoprocessi complementari che vengono chiamati differenziazione e integrazione.

Il primo sottoprocesso indica, in generale, sia la distinzione di una parte psichica rispetto a un'altra e a un tutto (con cui, per così dire, erano [prima] inconsapevolmente identici), sia lo sviluppo della parte o meglio l'ulteriore differenziarsi delle differenze che erano state ottenute nell'atto distintivo stesso. In modo altrettanto generale, il secondo sottoprocesso designa invece la connessione delle parti psichiche tra loro e la loro connessione con un tutto ... che, per così dire, rammemori o sia consapevole di essere costituito di parti differenti che, in un certo senso, hanno consentito la sua composizione.

In particolare, il termine "differenziazione" rinvia al fondamentale problema psicologico della costituzione dell'altro da sé e della determinazione qualitativa dell'alterità, e il termine "integrazione" rinvia invece a un altro fondamentale problema psicologico, che è quello della relazione tra due elementi che, pur nella loro interazione, rimangono essenzialmente distinti.

Inoltre, poiché tra i due sottoprocessi sussiste un rapporto di complementarità, il processo d'individuazione apre al problema della relazione tra "parte" e "tutto", e fondamentalmente tratta parte e tutto come se stessero in un rapporto di mutua inclusione e di reciproco rinvio: e cioè la differenziazione rinvia all'integrazione e viceversa, e ciò perché due "cose" possono differire tra loro nella misura in cui è possibile che esse stesse facciano riferimento a una terza che, trascendendole, contemporaneamente le accomuna e le integra. Sicché ogni atto di determinazione dell'alterità ha senso in riferimento a un simultaneo atto di determinazione dell'identità: e cioè si dice che A è altro e quindi differente da B in quanto è stato determinato che hanno in comune C, che è quell'altra cosa ancora per cui possono anche differire.

Al di là del carattere sostanziale, convenzionale o empirico di tali complementari determinazioni d'identità e di differenza, l'individuazione, attraverso la differenziazione, viene a rappresentare il passaggio sul piano psichico (e quindi non soltanto su quello intellettuale) alla differenza di una singola parte sia rispetto a un'altra parte che rispetto al tutto. E ciò avviene laddove una parte abbia potuto prendere letteralmente "visione" dell'inconscia identità o confusione in cui si trovava con l'altra parte o con il tutto.

Attraverso l'integrazione, l'individuazione viene invece a rappresentare il passaggio alla relazione di una singola parte con l'altra parte e con il tutto, laddove però essa abbia ugualmente potuto prendere visione del suo inconscio isolamento.

E quindi la differenziazione individuativa indica un passaggio all'indipendenza e autonomia della parte, laddove si renda possibile il riferimento rappresentativo all'originario stato di indifferenziazione psichica e alla sua conseguente inefficace dipendenza ed eteronomia rispetto all'altro da sé e al tutto.

L'integrazione individuativa indica invece un passaggio alla dipendenza ed eteronomia della parte, laddove si renda possibile il riferimento, in questo caso, all'originario stato di opposizione e di conflitto e quindi d'inefficace indipendenza e autonomia rispetto all'altro da sé e al tutto».

 

4.1 - tesi:   STATO IN-DISTINTO, IN-DIFFERENZIATO

 

Indistinzione:  [Tale stato o condizione iniziale comporta] assenza di distinzione psicologica tra differenti oggetti o persone, per cui tali oggetti psichici e le persone stesse sussistono tra loro in maniera indistinguibile.

Giacché in tale condizione ciascuna persona non può essere separata dall'altra né starvi in relazione, si costituisce un'assenza di intersoggettività, o meglio uno stato di identità tra un soggetto e un altro, e quindi si parla della loro non ancora costituita individualità. Questa nozione chiarisce le difficoltà psicologiche e pratiche che talvolta si incontrano nel non potere stare con un altro da sé ma nel non potere, altrettanto, separarsi da questo specifico altro (per esempio: "non posso vivere con te ma non posso neppure vivere senza di te").

L'espressione indistinzione originaria o identità originaria ricorre per indicare il luogo o il tempo originari cui rinvia ogni atto distintivo in quanto tale, e cui rinviano gli stessi prodotti di un tale atto, ovverosia le coppie degli elementi psichici relativamente distinti o opposti. In un senso simile designa l'azzeramento degli atti distintivi e dei relativi effetti: e cioè l'abolizione di un certo modo di vedere, e contemporaneamente l'abolizione di un certo soggetto e di un certo oggetto. In effetti, la distinzione è intesa come il processo attraverso il quale si costituiscono un certo soggetto e un certo oggetto, e quindi come quel certo modo di vedere che, per l'appunto, rende innanzitutto visibile l'alterità tra colui che vede e colui che è visto; l'indistinzione è invece intesa come l'azzeramento sia delle differenze costituite sia dello stesso atto di differenziazione; l'indistinzione originaria è infine intesa come l'azzeramento di un certo modo di vedere, che però nel suo rinviare al momento dell'inizio del pensare può, per così dire, rendere visibile lo stesso sguardo con cui abitualmente guardiamo. Il rapporto di indistinzione tra agente e azione è stato svolto alla voce yoga. L'indistinzione originaria fa altresì riferimento a quell'essere del nulla cui l'esistenza stessa di ogni ente mondano rinvia: e cioè indica quello "stato psichico originario" (attraverso cui "nulla esiste") che dev'essere "sacrificato" al fine di "venire al mondo". In questo senso l'espressione è sinonimo di inizio in quanto evento inaugurativo dell'«essere», ovverosia designa l'evento mentale attraverso il quale l'uomo e, insieme, il mondo sono tratti all'esistenza. "Il mondo ha origine laddove l'uomo lo scopre. Ma egli lo scopre nel momento in cui sacrifica il suo avvolgimento nella madre primigenia" e cioè "sacrifica (...) lo stato inconscio iniziale" in quanto "essere primo" o "stato psichico originario" (Jung, 1912/1952 , pp. 405 sg.).

[Indistinzione è lo stato iniziale che precede l'opera] analitico-scompositiva [e successivamente sintetico-compositiva] attraverso la quale si costituisce la propria individualità, e quindi  [è] ... stato originario da cui  ... trae origine la dolorosa differenziazione dell'individuale dal collettivo e di un individuo dall'altro da sé».

[Questa condizione originaria ha anche le caratteristiche di una partecipazione mistica, affidando a tale termine l'accezione] introdotta da Lévy-Bruhl per descrivere la mentalità dei cosiddetti "primitivi" e per indicare in particolare come questi siano in contatto con la realtà: e cioè nell'ambito di questa mentalità la partecipazione tra le cosiddette "cose" è - per Lévy-Bruhl - anteriore alla distinzione delle cose stesse che vi partecipano, per cui la relazione tra gli oggetti è precedente o comunque contemporanea alla costituzione delle rappresentazioni degli oggetti stessi ... Nell'ambito della psicologia analitica, Jung adotta l'espressione per indicare, in generale, l'unione tensionale degli opposti, e in particolare una relazione psichica che sussiste tra due oggetti seppure non sia coscientemente riconosciuto l'intercorrere di un'alterità tra questi. E cioè l'espressione ricorre per indicare tutti quei casi in cui "il soggetto non può distinguersi chiaramente dall'oggetto, ma è legato a questo da un rapporto diretto che si può chiamare identità parziale". Rispetto al processo della conoscenza, Jung scrive: "Questa identità è fondata sull'originaria unità di soggetto e oggetto; la partecipazione mistica è quindi un residuo di questo stato primordiale (...) Tra gli uomini civilizzati essa si verifica di regola tra persone, più di rado fra una persona e una cosa" (Jung, 1921, p. 470). Rispetto all'espressione "partecipazione mistica" utilizzata in ambito etnologico, Jung osserva invece: "Questo concetto, come quello dell'état prélogique, è stato di recente severamente criticato dagli etnologi; perfino lo stesso Lévy-Bruhl negli ultimi anni della sua vita cominciò a dubitare della sua validità. Per prima cosa cancellò l'aggettivo mystique, perché temeva la cattiva reputazione che tale espressione ha nei circoli intellettuali. È deplorevole che egli abbia fatto una simile concessione alle superstizioni razionalistiche, poiché "mistico" è proprio la parola giusta per caratterizzare la particolare qualità dell'"identità inconscia". Vi è sempre in essa qualcosa di numinoso. L'identità inconscia è un ben noto fenomeno psicologico e psicopatologico (identità con persone, cose, funzioni, parti, professioni di fede ecc.).

 

 

4.2 - primo movimento:  DIFFERENZIAZIONE

 

Differenziazione:  La separazione e lo sviluppo delle parti da un tutto indifferenziato e omogeneo, per cui ciascuna parte può articolare le proprie differenze rispetto al tutto e alle altre parti. Proprio in questo senso Jung definisce la differenziazione psicologica come quel sottoprocesso che, insieme a quello dell'integrazione (vedi), dà luogo al processo di individuazione e quindi alla costituzione dell'individualità psichica, che in quanto tale rinvia a un'originaria indistinzione o identità.  [Tale movimento costituisce] l'immagine del passaggio dall'indifferenziato al differenziato, e quindi come "sviluppo di differenze, separazione di parti da un tutto" (Jung, 1921, p. 436),  ... Il significato del termine è lo stesso allorché Jung concepisce la differenziazione psichica come l'opposto di uno stato arcaico, dove una funzione, che può essere il pensiero, il sentimento, l'intuizione o la sensazione, non è differenziata da un'altra e neanche in sé stessa, per cui reca con sé il suo opposto; ad esempio un sentimento di odio è strettamente connesso a un sentimento di amore. "Fin tanto che una funzione è ancora fusa con un'altra o con le altre (...) in misura tale da non potersi affatto manifestare di per sé sola, essa si trova in uno stato arcaico, non è differenziata, cioè non è separata dal tutto come una parte speciale che, in quanto tale, sussiste di per sé (...) Di regola la funzione non differenziata è caratterizzata anche dal fatto che essa possiede la qualità dell'ambivalenza e dell'ambitendenza; ogni posizione cioè porta con sé visibilmente la propria negazione, donde risultano inibizioni caratteristiche nell'uso della funzione non differenziata. La funzione non differenziata è fusa anche nelle sue singole parti (...) In quanto una funzione è interamente o per la massima parte inconscia, essa è anche non differenziata, e fusa nelle sue parti e con altre funzioni. La differenziazione consiste nella separazione della funzione dalle altre funzioni, e nella separazione reciproca dei suoi singoli elementi. Senza differenziazione è impossibile che vi sia una direzione, giacché la direzione di una funzione, cioè il suo indirizzo, dipende dall'adozione di un carattere particolare e dall'esclusione di ciò che non le appartiene. Con la mescolanza con elementi estranei ogni indirizzo diviene impossibile; solo una funzione differenziata si dimostra capace di indirizzarsi verso un obiettivo" (ibid.).

Nello stesso senso è rilevato come la differenziazione sia una prerogativa essenziale della coscienza e dell'Io, in quanto emancipazione da quello sfondo indeterminato interno che è costituito dall'inconscio e dal Sé.

 

 

4.3 - antitesi: STATO DIFFERENZIATO, DISTINZIONE

 

Distinzione (come stato): [Distinzione è] relazione psichica per cui, su qualsivoglia piano, è riconosciuta un'alterità fra oggetti qualsiasi. In questo senso nella psicologia analitica si parla di funzione [attività, operazione] distintiva della coscienza e, correlativamente, di funzione indistintiva dell'inconscio. Riconoscere alla coscienza una funzione distintiva implica considerarla capace di stabilire differenze psichiche rilevanti tra oggetti differenti (differenziazione), e capace, nello stesso tempo, di essere a sua volta distinta e separata da questi ultimi, sia cognitivamente che affettivamente. Sicché nei processi distintivi si dà fondamentalmente la possibilità che la psiche, insieme al rendere evidente l'oggetto mondo come altro da sé, renda contemporaneamente evidente sé a sé stessa come oggetto psiche (cogliendosi come soggetto che fa esperienza di sé e, insieme, del mondo). Di converso, la condizione inconscia è intesa, a questo riguardo, come evento dell'assenza delle distinzioni o come identità, e più in particolare come evento che sospende le distinzioni già accadute nel processo della conoscenza e il darsi dell'opportunità che le singole parti psichiche distinte si connettano in un tutto complesso, senza mai pervenire a una sintesi completa. Commentando nel 1939 il Libro tibetano della grande liberazione (W. Y. Evans-Wentz, a cura di, Das tibetische Buch der grossen Befreiung, München 1955), Jung così spiega gli aspetti psicodinamici della distinzione in generale e della distinzione che sussiste nella stessa caduta delle distinzioni: "L'osservazione "anche il proprio spirito è inseparabile dagli altri spiriti" è un altro modo di esprimere la connessione del tutto. Dato che nello stato inconscio tutte le distinzioni scompaiono, è logico che scompaia anche la differenziazione psichica fra i singoli individui. Dovunque si abbia un abaissement du niveau mental [abbassamento del livello mentale], incontriamo casi di identità inconscia o participation mystique [partecipazione mistica], come Lévy-Bruhl chiama questo stato. L'attuazione dello "Spirito Uno" è, come dice il nostro testo, "la congiunzione del Trika-ya"; in effetti esso provoca un divenire uno. Ma non siamo capaci di immaginare come una tale attuazione potrebbe essere mai perfetta in un qualsiasi essere umano. Deve sempre rimanere qualcuno o qualcosa che la sperimenti e dica: "So il divenire uno; so che non esistono differenziazioni." Proprio il fatto dell'attuazione dimostra la sua inevitabile incompiutezza. Non possiamo conoscere cosa alcuna che non sia separata da noi. Perfino quando dico: "Conosco me stesso" rimane un Io infinitesimale, l'Io che conosce, sempre separato da "me stesso". Questo Io, non più grande di un atomo, è del tutto ignorato dal punto di vista essenzialmente non dualistico [e non dialettico] dell'Oriente, eppure in esso soggiace l'universo nascosto nella sua totale molteplicità e non scomponibile realtà" (Jung, 1954b, pp. 518 sg.).

[In questa distinzione Io è centro di consapevolezza, mentre possiamo chiamare Non-Io ogni oggetto osservato, tutto ciò che non è Io]

 

 

4.4 - il secondo movimento: INTEGRAZIONE, CONGIUNZIONE DEGLI OPPOSTI, SINTESI

 

Opposti:  [Ricordiamo che gli opposti sono] termini o oggetti che, quanto al loro significato, sono legati da una relazione di esclusione, ma quanto alla loro forza-di-significare sono invece legati da una relazione di tipo polare che li mantiene nello stato di tensione. Non mettendo mai capo a una sintesi totale, tale stato tensionale è inteso alla base del dinamismo psichico in quanto strutturazione e destrutturazione continua dei significati di sé e del mondo.

Jung intende, in effetti, gli opposti a partire dalla considerazione che la vita psichica è un sistema autoregolantesi attraverso il principio di compensazione. A questa dinamica si riferiscono fondamentalmente i concetti di coscienza e d'inconscio, considerati come opposti a partire dalla considerazione che la vita psichica è un sistema autoregolantesi attraverso il principio generale di complementarità e attraverso il principio speciale di compensazione tra gli elementi del sistema. Sempre a questa dinamica fa riferimento la teoria della psiche come continuo gioco di opposizioni e polarità contrastanti che si riuniscono tensionalmente, per cui emerge un inesauribile gioco ...  In questo senso, parlando degli opposti, si può [allora] evidenziare: I. La distinzione degli opposti; II. La tensione degli opposti.

 

Sintesi - [La sintesi] ricorre nella psicologia junghiana come antonimo di analisi. Riferito all'osservazione empirica del processo di individuazione, il termine è utilizzato come sinonimo di integrazione, attraverso cui trova il suo contrario nel termine differenziazione. In questo senso, analisi-sintesi e differenziazione-integrazione sono le antinomie riscontrate più frequentemente nella fenomenologia dinamica degli opposti psichici. Pertanto i significati specifici sono i seguenti: 1) il significato di metodo conoscitivo, per cui è opposto ad analisi; 2) il significato di stato di tensione polare o di cooperazione degli opposti, per cui è considerato susseguente alla scomposizione analitica; 3) il significato di processo tendente all'unificazione, e in questo senso è complementare alla tendenza psichica alla dissociazione. Nel secondo significato è sinonimo d'integrazione, nel terzo significato è invece collegato alla nozione di amplificazione.

 ...

Nel secondo significato, dove indica lo stato di tensione polare o di cooperazione degli opposti, la sintesi è intesa in un certo senso come successiva alla condizione di scomposizione analitica. In questo significato si usa l'espressione "sintesi tensionale degli opposti", sia a livello di indagine conoscitiva che a livello di processi psichici generali, in cui la sintesi è operata dal simbolo. Al riguardo viene sostenuto che soltanto attraverso una dettagliata analisi delle differenze è possibile giungere a una visione più generale che rispetta il rapporto parte-tutto: cioè la differenziazione serve all'integrazione e quest'ultima, mantenendo ancora separati gli elementi che unisce, permette una loro cooperazione. Infatti, nella riflessione sui tipi psicologici, Jung scrive: "Solo dalla descrizione dei tipi risultano i materiali dalla cui cooperazione nasce la possibilità di una sintesi superiore" (Jung, 1913c, p. 501). In particolare, nella teoria del simbolo sono utilizzate espressioni come "sinteticità tensionale", "sintesi non totale degli opposti", "unità non sintetica degli opposti", per indicare come attraverso il simbolo si dirima quello che il giudizio - inteso come partizione originaria (Urteil) - dilacera; offrendosi una possibilità di composizione e quindi un'occasione risolutiva alla tragica disseminazione oppositiva dei materiali psichici: mettere assieme due opposti polari nel simbolo non implica quindi il prodursi di un terzo elemento che ne rappresenta tout court la sintesi, tant'è che attraverso il simbolo le due metà psichiche vengono a combaciare, ma rimangono distinte anche se non più conflittualmente opposte" (Jung, 1921, p. 486).

 

Integrazione (come movimento) - In effetti l'integrazione è specificamente intesa come fattore essenziale del processo di costruzione dell'identità psicologica che l'individuo raggiunge parallelamente al processo di differenziazione dall'ambiente. In questo senso, che è il significato ristretto del termine, Jung parla dell'integrazione insieme alla differenziazione, e le intende come due continui sottoprocessi di quell'unico processo che è l'individuazione. In quanto tale, l'integrazione comporta, a livello intrapsichico, il recupero delle parti rimosse, e a livello interpsichico l'assunzione differenziata dei modelli culturali esistenti, in sostituzione di quelli che si rivelano insufficienti nel corso della crescita.

Sia nel senso generale che in quello ristretto, all'integrazione è attribuito essenzialmente il compito di un confronto, da un lato, dell'uomo con il mondo, e dall'altro dell'Io con i contenuti dell'inconscio in generale (Jung, 1934/1954, p. 29). Dal punto di vista psicoterapeutico, "il lavoro compiuto dal paziente attraverso la progressiva assimilazione dei contenuti dell'inconscio porta a una definitiva integrazione della sua personalità e quindi al superamento della dissociazione nevrotica" (Jung, 1935b,  p. 24)

 

 

4.5 sintesi: STATO INTEGRATO, TOTALITÀ, SÉ

 

Integrazione (come stato):  In senso generico, [lo stato integrato è uno stato di buona] organizzazione della personalità e [in cui vi è] interazione o unione solidale delle differenti parti psichiche tra loro, per cui si parla [in questo stato] di interconnessione tra contenuti coscienti e contenuti inconsci, tra parti maschili e parti femminili della personalità, e quindi tra elementi variamente opposti tra loro (Jung, 1957/1958, p. 106).

Attraverso tale interconnessione è rilevato come l'organismo psichico guadagni una relativa autonomia rispetto al mondo esterno a sé, e quindi un vero e proprio scambio con questo (per esempio, evitando di proiettarvi parti di sé fondamentalmente inconsce). Ciò è d'altronde in perfetta analogia con l'uso che il termine ha in biologia, dove - indicando il grado di unità o di solidarietà fra differenti parti di un organismo, e quindi il grado di interdipendenza dell'una rispetto all'altra - si parla di interrelazione tra le funzioni del sistema nervoso e di quello endocrino, per cui si darebbe un organismo capace di una propria regolazione, in varia misura indipendente dall'ambiente.

Con questa teorizzazione viene sottolineato che mediante l'integrazione psichica non si dà una chiusura definitiva dell'organismo rispetto all'esterno, e che, anzi, la chiusura raggiunta dall'organismo è proprio ciò che gli permette l'impatto con l'ambiente (e quindi la scoperta dell'ambiente come altro rispetto all'individuo, e l'apertura allo scambio produttivo di entrambi).

 

Totalità: Il termine indica una unione e quindi un'unità i cui costituenti non sono confusi, ovvero un insieme che costituisce un significato organicamente unitario che ordina, pur mantenendole distinte, le molteplici parti di cui è composto. La totalità psichica non è un'oggettività da determinare. La critica junghiana fondata sulle antinomie epistemologie viene infatti a porre la totalità non più come l'oggetto da determinare, bensì come l'orizzonte del mondo psichico che circonda l'Io e nel quale lo stesso Io vive.

In questo senso il Sé è una totalità, e non così è l'Io. Tale nozione, che esprime l'idea della completezza e della perfetta adesione delle singole parti tra loro, è intesa da Jung come un'immagine del centro della psiche globale o della personalità totale che emerge all'interno del processo di simbolizzazione: e cioè il suo venire all'espressione è sempre relativo alle condizioni complessive del processo psichico stesso, e a quelle condizioni costantemente rinvia. Sicché l'immagine della totalità che emerge attraverso i sogni rinvia l'Io a un sistema psichico complessivo che, relativamente allo stesso Io, si muove in maniera acentrata. L'introdurre nella psicologia analitica un tale paradigma consente a Jung di cogliere la psiche come la risultante di una rete costituita da molteplici componenti psichici. Oltre a questo intrinseco valore di modello, l'utilizzo del nuovo paradigma consente alla stessa psicologia analitica di rendere "locale" sia l'intelligenza dei differenti componenti del sistema psichico sia l'informazione di cui ciascuno di questi dispone. Ciò permette altresì di affrontare in modo nuovo il problema assolutamente classico della relazione tra elementi distinti e confinanti, e in particolare i problemi della relazione tra una parte del sistema e quella contigua, e della relazione fra la totalità e ogni singola parte. Attraverso l'uso di un tale modello la psiche viene intesa pertanto come un sistema organizzativo in cui ogni suo componente, a livello locale, dispone di una certa intelligenza e si muove in funzione di una cosiddetta informazione (e quindi ogni componente del sistema psichico non viene più considerato come sottostante per così dire "gerarchicamente" alla totalità. Ma, nel contempo, viene inteso che esso non è più in grado, da un lato, di determinare la sua esatta posizione di parte rispetto alla totalità, e dall'altro di possedere la consapevolezza della stessa totalità psichica). Proprio a partire da qui, viene comunque tematizzato il modo in cui ogni componente psichico locale può essere ugualmente capace di performances di tipo globale. Infatti sorge questa specifica domanda: l'Io, che è il centro del complesso di rappresentazioni della coscienza, e che è acentrato rispetto a tutti gli altri molteplici complessi di rappresentazioni psichiche, come fa a comportarsi in modo tale da risultare coerente con l'insieme delle istanze psichiche? La risposta all'interrogativo sta nel fatto che con la formulazione di una psicologia complessa viene a decadere il paradigma centrista. Viene rimarcato il fatto che della totalità la coscienza può fare processualmente esperienza.

 

Sé:  Il Sé come prodotto dei continui processi psichici di differenziazione e integrazione, ossia come esito degli urti e riconfinamenti continui tra l'uomo e il mondo; 10) il Sé come processo di centrazione psichica, complementare alla tendenza psichica verso la scomposizione psichica delle parti della stessa psiche; 11) il Sé come simbolo dell'unione tensionale delle coppie di opposti, per cui si parla di una congiunzione non sintetica degli stessi opposti, e si è rinviati a procedure logiche e psicologiche di tipo antinomico e paradossale.

 


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