TEMI DI PSICODIALETTICA a cura del Centro internazionale di Psicodialettica Caposcuola e fondatore: Prof. Luciano Rossi Responsabile del Centro: Dott.ssa Lisa Marchetta
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Jung, cap. 6. Il modello dinamico |
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Il modello dinamico di
Luciano Rossi
Il conflitto degli opposti.
Le
topiche e le strutture situano e definiscono coppie di opposti in
conflitto: coscienza e inconscio, io-ombra, anima-persona. Fra gli opposti
c'è tensione, ossia differenza di potenziale o di livello, ossia
attitudine al lavoro, disponibilità di forza e possibilità di movimento.
Una dinamica dialettica.
La
continua azione di forze e il continuo movimento creano una storia
dialogica e una dinamica dialettica fra i due della coppia di opposti. In
questa dinamica ci sono in gioco lotte, attaccamenti, separazioni,
individuazioni, conciliazioni.
Io e Non-Io.
L'uomo
nasce come soggetto nel momento in cui acquista conoscenza del proprio
differenziarsi dalla vita pulsionale. Egli scorge che non è più identico
alla sua istintività, che può distaccarsi, distinguersi, da un inconscio
che diviene così un Non-Io.
Conflitto e mediazione.
Il
non-io minaccia sempre l'io nella sua posizione di soggetto in quanto può
irrompere in ogni momento nell'io indipendentemente dalla sua volontà e
dal suo consenso. Questa situazione presenta due pericoli limite per l'io:
se si difende troppo (resistenza) aliena da se stesso una parte di se
morendo alla vita affettiva e irrigidendosi nella razionalità; se non si
difende affatto cade in balia delle pulsioni. Sappiamo però che una delle
possibilità dell'io è quella di porsi come mediatore fra i contendenti
trasformando l'antinomia in processo dialettico.
Momenti sacrificali.
Questo
processo, questo percorso, comportano delle oscillazioni e dei vantaggi
momentanei a favore dell'uno o dell'altro dei contendenti. L'Io dev'essere
quindi pronto a dei sacrifici, a dei rovesciamenti dialettici provvisori e
temporanei.
a)
SACRIFICIO
DELLA RAZIONALITÀ vs irrazionalità. Il primo sacrificio lo deve fare
l'atteggiamento razionale dell'io per aprirsi a ciò che si presenta come
non razionale ed accettare così nuove possibilità di vita, per aprirsi
all'imprevedibile e rinunciare a visioni precostituite. In questo
frangente l'Io non avrà più il sostegno dei suoi valori e dei suoi
simili. Può seguirne uno smarrimento che l'io deve essere disposto ad
accettare oppure al contrario la sensazione di una libertà senza limiti.
a-b)
RISCHIO DELL'IRRAZIONALITÀ.
Nel secondo caso si presenta a questo punto il rischio della seduzione a
realizzare senza limiti questa pienezza d'esistenza, che si presenta come
visione di una vita paradisiaca, e a tornare ad esser tutt'uno con
l'inconscio. Cedere a questa seduzione porta alla perdita dell'esserci. È
necessario allora porre mano ad un altro sacrificio, quello
dell'appagamento immediato della trasformazione intrapresa.
b)
SACRIFICIO DELL'IRRAZIONALITÀ
(e dell'immediatezza della trasformazione) vs canalizzazione.
L'irrazionalità deve attendere e non realizzarsi in modo esclusivo e
inflazionato. L'irrazionalità dovrà canalizzarsi in mete socialmente
buone. In questa fase l'io impara a dominare le proprie passioni. Ma anche
questo nasconde un pericolo: che l'io inorgoglisca della canalizzazione.
b-c) RISCHIO
DELLA CANALIZZAZIONE. Può arrivare a sentirsi padrone delle passioni e a
negare in lui la presenza dell'inconscio come soggetto attivo. Può
sentirsi onnipotente. È necessario un nuovo sacrificio
c)
SACRIFICIO DELL'ONNIPOTENZA.
Solo quando non si sente onnipotente può aprirsi di nuovo all'inconscio
senza pericoli. Ma che cosa consente all'uomo di rinunciare
all'onnipotenza? Il Sé. Solo il prendere atto di una dimensione
universale rispetto alla quale l'io è piccolo e relativo: una dimensione
universale che vive in lui e lo racchiude da ogni lato.
Oltre
c)
VERSO L'INDIVIDUAZIONE. Tre
momenti sacrificali dunque: del razionale, dell'irrazionale e
dell'onnipotenza sintetica. A questo punto l'io è individuato in quanto
ha accettato il sacrificio della propria onnipotenza. L'io aveva la libertà
di scegliere come trattare il conflitto fra coscienza e inconscio: o
assumerlo rischiosamente in sé e tentarne la sintesi o rifiutarlo e
restane alienato. L'io conserva un ruolo decisionale: può fuggire
richiudendosi, può diventare un onnipotente creatore di mondi, può
lasciare umilmente che il simbolo operi in lui. L'angoscia dell'impresa è
provocazione e dovere.
Aspetto evolutivo.
Lo
sviluppo e il divenire della coscienza avvengono solo nel ripetuto
confronto con l'inconscio e tramite la possibilità del simbolo di essere
accessibile al soggetto. Il simbolo è analogo all'oggetto proibito
(inconscio, istinto) ed esprime in modo equivalente la libido, ma il
dialogo con lui è consentito e così
può avvenire l'incesto e l'individuazione. Per effettuare
quest'evoluzione dialettica l'io deve prendere le distanze da se stesso e
dal sé per porsi come soggetto riflessivo del proprio divenire.
Aspetto ermeneutico.
La
presenza del simbolo rimanda all'ermeneutica, operazione necessaria per
comprendere di quale oggetto istintuale il simbolo è il
sostituto. Nel proprio percorso
individuativo la sintesi è raggiunta attraverso un'attività simbolica,
sostitutiva di un'attività istintuale. Poiché l'istinto è il regno
delle madri,
il simbolo è spesso un sostituto della natura. L'argomento sarà ripreso
nelle parti energetica e clinica.
Il cammino dell'eroe.
Frobenius e Karényi vedono nei miti la prima conoscenza che l'uomo ha
di sé. In effetti le avventure mitiche sono il racconto di eventi
psichici originari, archetipici. I miti sono cosmogonie, ma anche psico-cosmogonie,
in quanto l'eroe conoscendosi si costruisce. Jung vede nel
percorso del paziente lo stesso processo eroico di
costruzione-individuazione di sé. I simboli mitici, archetipici, sono
analogie della libido, la rappresentano e la formano. Conoscere è
costruire. Rappresentare è trasformare. L'intero ciclo di
rappresentazioni mitiche trasforma il paziente. L'essere del paziente si
trascende nella conoscenza di sé. Il simbolo dunque è il mediatore sia
della conoscenza che della trasformazione.
Il sacrifico della madre.
Il padre impone che la madre istintuale venga
sacrificata. Jung ci mostra che il simbolo ha il potere di fare questo, e
lo fa raccontandoci un rito dei Wachandi australiani. Dice
Montefoschi (1985, p. 66): " Al tempo di primavera,
gli uomini scavano una buca nella terra a forma di vagina, la
circondano di fronde e, dopo una danza
con le spade erette, seminano
la buca". La buca conserva
i caratteri e la forza d'attrazione della vagina, ma non è oggetto di
divieto. La semina è un'attività analoga
a, ma diversa da,
quella puramente istintiva. Non essendo oggetto di tabù si presta ad
essere simbolo mediatore.
Il sacrifico del padre.
Il padre, come legge che vieta l'incesto, cioè la regressione
[ritorno della libido del figlio nell'inconscio-madre-natura]
, simboleggia lo spirito, inteso come altro polo
[dialettico rispetto alla madre-inconscio-materia-natur
a]
(Montefoschi, 1985, p. 79). Nel percorso d'individuazione ci sono successivi momenti sacrificali:
fasi in cui occorre sacrificare la madre, intesa come eccesso d'inconscio,
e fasi in cui occorre sacrificare il padre, inteso come collettivo sociale
fissante e inibente. Una volta individuati potremo confrontarci
vantaggiosamente con entrambe
queste forme di Non-io ed emergerne con una coscienza ed un Io arricchiti. Ciò
che inibisce e impoverisce il figlio, arricchisce l'eroe possessore del
simbolo. Il sacrificio dell'Io. ... a favore del Sé. L'hybris dell'Io è di aver identificato tutto con la propria coscienza. Quest'ultimo sacrificio è dunque il riconoscere la relatività dell'Io. Inglobando nei suoi viaggi anche il Non-io con cui si è confrontato, non rimane solo coscienza e quindi il suo baricentro si sposta. Il centro, rappresentato dall'Io, lentamente si sposta: alla fine non è più l'Io, ma il Sé. Un sé che accoglie anche elementi collettivi (sociali e archetipici) ossia un sé transpersonale .
Il cammino ascendente.
Ad
ogni successivo incontro con l'inconscio l'Io viene arricchito, si espande
e s'innalza
nel
cammino iniziatico. Dopo aver visto e integrato nuove cose, l'Io emerge,
da ogni successivo confronto col Non-io, diverso, più completo. Se un
archetipo viene a far parte delle nostre conoscenze il nostro Io si
amplia, si evolve. Si saldano, con questa ultima assunzione, anche i punti
di vista evolutivo e archetipico del post-junghismo. Là dove c'era
l'inconscio ci sarà l'Io, ma intanto l'Io non sarà più lo stesso, sarà
andato piano piano identificandosi col Sé, ossia sarà diventato un Io
che ha integrato, da ogni confronto costruttivo, molto inconscio personale
e collettivo (naturale e sociale, materno e paterno). Recuperare il padre
e la madre significa raggiungere il Sé.
La meta: il Sé transpersonale.
L'eroe parte per i confini del
suo mondo. Il suo Io si sposta progressivamente nel suo percorso
iniziatico. Al di fuori del personale c'è il collettivo, il trans
-
personale.
Il sé arriva
,
alla fine,
a stare
al confine del personale, a comprendere il personale (Io e Persona) e il
collettivo (Anima e Ombra). Questa condizione può esser chiamata Sé
transpersonale o superiore. Questo è il dono prezioso che l'eroe porta di
ritorno dal suo viaggio e che è
,
come dice Montefoschi, "destinato
all'umanità".
Alla fine del viaggio l'eroe deve
tornare
però ad essere anonimo, uomo
fra gli uomini. Ma nel suo segreto anonimato, anche se non ne
inorgoglisce, come
dice Campbell, "le armi
non lo feriscono, il fuoco non lo brucia, l'acqua non lo bagna, il vento
non lo inaridisce". | ||
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