TEMI   DI   PSICODIALETTICA

a cura del

Centro  internazionale  di  Psicodialettica

Caposcuola e fondatore: Prof. Luciano Rossi

Responsabile del Centro: Dott.ssa Lisa Marchetta

 


Jung, cap. 3. A confronto con l'inconscio

 

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 A confronto con l'inconscio

di Luciano Rossi

 

Nekya o traversata notturna per mare.  La mitologia non offre solo la comprensione dei sintomi, come abbiamo visto nel precedente capitolo, ma anche i rimedi contro di essi. Jung apprende infatti come in antichi miti l'eroe, per trovare se stesso, deve morire e rinascere come il sole e, come lui, intraprendere un pericoloso viaggio per mare di notte. L'eroe e il sole vengono ingoiati dal mare alla sera e rinascono al mattino, rinnovati. Jung sente questo atto come un incesto inevitabile, come se l'eroe dovesse giocoforza entrare in una divorante figura femminile, perché solo così se ne può liberare. Preda della depressione per la separazione da Freud, catturato dalla mitologia e dalla sua personalità numero due, presago nei suoi sogni dell'inizio della catastrofe della Grande guerra, Jung decise nel 1913-14 di guardare finalmente solo a se stesso e ai tesori del proprio inconscio. Così intraprese questa nekya. Cominciò in uno strano modo: ammucchiando sassi nel suo giardino di Kusnacht. Nel fare questo provò profonde emozioni e si accorse che dietro ogni emozione c'era un'immagine. Scoprì anche che non ci si deve fermare al sentire le emozioni, col rischio di esserne travolti, ma che si deve lavorare con le immagini. Disegnò dunque queste immagini e si accorse che questo "fatto del disegnare" oggettualizzava le emozioni, le poneva davanti a lui, così che ne poteva prendere le distanze, evitando il rischio di starvi dentro ed esserne allagato. Quando disegnava o scriveva, la folla degli spiriti svaniva.
Questo colloquio/confronto oggettivo con l'immagine è una resa dei conti fra coscienza e inconscio. Si obbliga l'immagine ad un confronto che avrebbe evitato. L'immagine è costretta a dire cosa vuole da noi. E noi da lei. Una delle immagini più rilevanti che incontrò fu Filemone. Nelle sue fantasie, conversava con lui e ne riceveva preziose indicazioni sull'inconscio. Naturalmente Filemone era una fantasia, simile alle voci degli schizofrenici, e Jung in realtà parlava da solo. Ma mentre tali voci sconvolgono i malati, per Jung erano fonti preziose d'immagini mitopoietiche.
Jung chiamò quest'attività col nome d'immaginazione attiva e la divise in quattro parti: svuotamento o rilassamento o meditazione, fissazione dell'immagine o focalizzazione, oggettivazione, attivazione e confronto. Vediamo come Jung le visse la prima volta.
"Il primo agosto scoppiò la guerra mondiale ... e cominciai con l'annotare le mie fantasie ... si scatenò un flusso incessante ... dovetti fare esercizi di yoga per dominare le mie emozioni ... fino a quando ritrovavo la calma ... appena sentivo di essere nuovamente in me cessavo di controllarmi e consentivo alle immagini ... di esprimersi ... Filemone e le altre immagini della mia fantasia mi diedero la decisiva convinzione che vi sono cose nella psiche che non sono prodotte dall'io, ma che si producono da sé e hanno una vita propria ... i pensieri erano dotati di vita propria, come animali nella foresta ... " (RSR, pagg. 218-226). Questo io e questi animali della foresta sono la coscienza e l'inconscio. In questo incontro Jung, ma più ancora Neumann vi vedranno l'incontro simbolico del figlio con la madre. È questa la forma che prende l'Edipo nella dottrina junghiana.

L'immaginazione attiva.  S'induce il paziente a concentrarsi su immagini archetipiche e lo si esorta a trattarle, attraverso un'oggettivazione forzata, come se fossero reali e oggettive. Può disegnarle o dipingerle. In questo modo si evolve una storia e un dramma. Tale metodo viene usato per estrarre i contenuti inconsci, affinché, una volta siano stati resi visibili, l'Io possa confrontarvisi anziché esserne in vario modo assediato. Ciò che viene oggettivato è anche la personalità n° 2, che altro non è che l'inconscio attivato e divenuto percepibile. Usata in modo sistematico, IA accelera i processi di formazione dei simboli. Le immagini hanno una vita propria e i simboli una loro logica interna. Se ci concentriamo su un'immagine e la lasciamo evolvere e agire si produrrà una serie di immagini che costituisce una storia completa. Nella parte finale dell'analisi IA prende spesso il posto dei sogni. Nella parte iniziale può essere usata, quando possibile e con molta cautela, in luogo dei sogni non prodotti o come lavoro su un elemento onirico.  

Istruzioni di Jung sull'immaginazione attiva.  Nella corrispondenza con un allievo Jung istruisce l'interlocutore così: "Nella immaginazione attiva ciò che conta è che Lei inizi con un'immagine qualsiasi ... guardi l'immagine e osservi come essa cominci a svilupparsi o a modificarsi. Eviti qualunque tentativo di darle una qualche forma determinata, non faccia altro che osservare le modificazioni che subentrano spontaneamente. Prima o poi ogni immagine psichica, osservata in questo modo, muterà forma sulla base di un'associazione spontanea (se all'immagine associo qualcosa, essa cambia). [Ma] deve evitare con cura di saltare con impazienza da un tema all'altro. Si attenga all'immagine e aspetti che essa si trasformi da sola [è l'inconscio che la trasforma, non l'io]. Deve osservare con cura tutte queste trasformazioni e infine deve entrare lei stesso nell'immagine [e interagire con lei]  ... se appare una figura che parla, allora dica anche lei [ossia che il suo Io dica] ciò che deve dire e ascolti che cosa quella [ossia l'inconscio] ha da dire. Si deve entrare nella fantasia e costringere i personaggi a parlare e a rispondere. In questo modo non solo può analizzare il suo inconscio, ma anche dare all'inconscio la possibilità di analizzare l'Io o la Coscienza. Così, a poco a poco, si crea l'unità tra conscio e inconscio, senza la quale non c'è in assoluto alcuna individuazione.  

Incontro della coscienza-figlio con l'inconscio-madre.  Universalmente proibito, in certe società l'incesto risulta invece consentito se non addirittura prescritto a determinati individui (quali i re), definiti dalla condizione d'eccezionale "potenza" che li separa dagli altri uomini e dalle leggi comuni. In questi casi l'atto incestuoso assume il significato di un venire in contatto con la potenza "regale" e quindi con lo status originante ogni legge e divieto. "Ciò che importa soprattutto è distinguere tra la coscienza e i contenuti dell'inconscio. Bisogna che uno riesca ad isolare quest'ultimo, per così dire, e ci riesce facilmente personificandolo e istituendo poi un rapporto fra lui e la coscienza. Solo così si può togliere il potere che diversamente avrebbe sulla coscienza". (RSR, pag. 230)  

L'Anima mediatrice.  "Dopo aver finito di scrivere Wandlungen, per ben tre anni, non mi era riuscito di leggere anche un solo libro scientifico. Cominciai a pensare di non poter più aver a che fare col mondo dell'intelletto". Mentre annotavo le mie fantasie una volta mi chiesi: «Che cosa sto facendo realmente? Certamente ciò non ha nulla a che fare con la scienza. Ma allora che cos'è». Al che una voce in me disse: «È arte». Sapevo per certo che la voce proveniva da una donna, e vi riconoscevo la voce di una paziente, una intelligente psicopatica che aveva per me un forte transfert (crediamo oggi che si tratti di Sabina Spielrein) ... Probabilmente, pensai, dev'essere l'anima"."Riflettei che la donna in me non possedeva un centro della parola e così le proposi di servirsi della mia lingua. Accettò la mia proposta e subito espose il suo punto di vista con un lungo discorso. In seguito giunsi a capire che questa figura femminile interna rappresenta una parte tipica, e archetipica, dell'inconscio dell'uomo, e la indicai col nome di «anima», mentre chiamai «animus» la figura corrispondente nell'inconscio della donna. Ogni sera scrivevo coscienziosamente le mie annotazioni, e poi pensavo: «Se non scrivo all'anima, non può intendere le mie fantasie»".
L'Immaginazione Attiva si dispiega nel colloquio con l'anima. L'anima è traduttrice, interprete, ambasciatrice dell'inconscio alla corte della coscienza. Se vogliamo confrontarci con l'inconscio dobbiamo passare attraverso l'anima.
L'anima è il tramite fra coscienza e inconscio, il messaggero dell'inconscio; in questo senso ha una funzione positiva. Ma possiede anche un'ambiguità che può annientare la coscienza.  

Barbablu e Lorelei.  L'anima negativa è una donna maliarda: la maga Circe, le Sirene di Ulisse, la Lorelei dei germani, che attira nei gorghi del Reno i naviganti. Tutte queste figure sono l'anima nostra proiettata all'esterno. È il suo femminile interno che può portare l'uomo alla perdizione. Quando la nostra anima si concretizza in una donna esterna allora nasce l'innamoramento. Che, se l'anima è civetta, porta alla rovina.
Racconta una fiaba che un cacciatore, giunto sulla riva del fiume, vede sull'altra sponda comparire una donna bellissima, uscita per incanto dalla foresta. Questa lo chiama: "Vieni, ti abbraccerò, il mio 'nido' è vicino. Vieni". Il cacciatore si spoglia ed entra nelle acque gelide del fiume per attraversarlo a nuoto. Allora la donna si trasforma in civetta e vola via beffeggiando oscenamente il cacciatore mentre questo sta annegando nelle acque ghiacciate del fiume.
Anche la sirena Ligheia (di Tomasi di Lampedusa) fa innamorare il pescatore e lo invita, con successo, poi a seguirlo nella profondità del mare.
E pure Lorelei, la rupe degli Elfi, a strapiombo sul Reno, è abitata da una fanciulla incantatrice che col suo canto ammaliatore distrae dal giusto corse i naviganti e li porta a naufragare contro la rupe. Chi fa una proiezione d'anima cade poi vittima del tranello da lui stesso preparato.
Ma l'anima può essere anche buona e la gnosi conosce il passaggio della seduzione dalla perdita alla salvezza. Quattro sono le figure d'anima che la gnosi conosce: Eva, che perde l'umanità tutta, Elena, che attira sessualmente e provoca una guerra lunga e rovinosa, Maria, che solleva ad altezze spirituali, e Sofia, eone supremo che guida ai massimi livelli di sapienza.Occorre saper distinguere la Guida compassionevole dalla civetta ingannatrice. Per poterlo fare correttamente occorre continuare, come per l'Ombra, ad interrogare i sogni.
Anche la donna però può perdersi dietro le seduzioni del suo Animus (Barbablù, l'ufficiale dei dragoni, il ladro gentiluomo, l'affascinante mascalzone, il giocatore che la deruba, il tenente francese, l'alcolista che la picchia). In questi casi la donna s'innamora della propria malvagità maschile.
A volte una singolare coincidenza può fare incontrare l'animus sparviero e l'anima civetta, unione in cui non si proietta e nessuno dei due perisce (vedi Rossella O'Hara e Rett Butler della saga di Via col vento).  

La funzione trascendente.  È la capacità di trascendere la frontiera attuale fra coscienza e inconscio e di stabilire una nuova frontiera; di spostare sempre più in là il confine con un diuturno confronto, con quel dialogo che Hillmann chiama il "fare anima". La coscienza si separa dal rizoma, inconscio collettivo, nei primi anni di vita. La coscienza infantile, nata dal rizoma, contiene inizialmente tutti gli elementi che in seguito all'educazione sociale dovrà poi rimuovere facendone degli opposti. È così la coscienza a produrre l'inconscio personale, e al suo interno l'Anima e l'Ombra. Il confronto con l'inconscio sarà dunque un ritorno dei contenuti rimossi, un percorso eroico che andrà a recuperare ciò che ha già fatto parte della coscienza e prima ancora del rizoma. Tornerà ad espandere la coscienza com'era stata all'inizio e getterà così un nuovo sguardo sull'inconscio collettivo, realizzandosì come sé transpersonale.

L'Ombra.  Come Anima/Animus sono gli opposti di genere, così Ombra è l'opposto etico ai contenuti unilaterali della coscienza. Ad esempio se in campo politico la coscienza parteggia per il governo, l'Ombra sosterrà l'opposizione. Essa è pericolosa quando è misconosciuta, in quanto la coscienza la proietta sul nemico e odia la propria Ombra nell'avversario. Per uscirne dobbiamo ritirare la nostra Ombra dai nemici ed operare la sintesi. Prima del ritiro essa è ciò che non si desidera conoscere da vicino e che, quindi, può solo rivelarsi estemporaneamente in un atto impulsivo e involontario. La sua funzione è quella di rappresentare l'aspetto etico dialetticamente opposto all'Io.
Non sempre l'Ombra è buona, come non sempre lo sono l'Anima e il Sé. E non sempre l'Ombra (difetto vitale che si deve vincere) è distinguibile dal Sé (elemento vitale che si deve accettare). Escono a volte insieme dall'inconscio e quando i nostri sogni ci presentano figure ambigue che ci sembrano pretendere qualcosa da noi, non possiamo sapere se esse rappresentino l'Ombra, il Sé o entrambi. Non ci è facile sapere se questo misterioso compagno sia un difetto o un elemento vitale da seguire. Non resta in tali casi che accettare il disagio del dubbio etico, senza prendere decisioni o impegni definitivi e continuando ad esaminare i propri sogni. Se tutti i tentativi di comprendere falliranno, non ci resterà che assumere le nostre responsabilità e fare tutto quello che ci sembra più giusto (von Franz, L'uomo e i suoi simboli, pagg. 173-176)

La compagna di viaggio.  C'è bisogno di parlare di queste immagini con qualcuno. Jung lo fece con Toni Wolf, sua nuova figura d'Anima dopo la rottura con Sabina. Se Toni non gli era vicina, Jung veniva invaso da agitazione e depressione. Jung chiedeva sempre che l'Immaginazione Attiva venisse fatta con qualcuno in grado di comprendere. Ma l'accento fondamentale va posto sull'OSSERVAZIONE. L'inconscio è oggettivo e reale e come tale può essere osservato. L'osservazione serve per ASCOLTARLO e COMPENSARLO.

Il mandala.  Continuando a trasformare le voci e le fantasie in immagini, Jung prese a disegnare figure circolari così come l'inconscio gli suggeriva giorno dopo giorno. "Fu solo alla fine della guerra ... che un po' alla volta cominciai ad emergere dall'oscurità. Vi contribuirono due fatti: il primo che ruppi con la signora [Sabina Spielrein] che voleva convincermi che le mie fantasie avessero un valore artistico; il secondo ... fu che cominciai a capire i disegni mandala" (RSR, pag. 239) Jung scoprì che assomigliavano ai mandala che gli orientali usano per la meditazione e che tale mandala rispecchiava la sua condizione interiore del momento. Scoprì che l'uomo aveva sempre disegnato la sua aspirazione alla totalità. Ciò che l'uomo disegna è ciò che aspira a diventare. Possiamo considerare il Mandala come un disegno raffigurante sia il cosmo che la psiche. Dal punto di vista dinamico, si tratta di uno schema di disintegrazione centrifuga dall'uno al quattro (più spesso dall'uno al molteplice) e di reintegrazione centripeta dal molto all'uno. Per Molteplice intendiamo la periferia, condizione in cui gli opposti sono dispersi ai quattro angoli del mondo. Per Uno intendiamo sia il centro che la psiche intera, integrata, ordinata, distinta. Perché entrambi? Perché questo centro è un centro che ha visto il tutto e che continua ad essere il tutto. È dunque un centro che è anche una visione del tutto. Non si riesce a guardare il centro senza vedere, e vedervi, il tutto. Né si riesce a guardare il tutto senza esser portati al centro. Dunque il mandala è sia simbolo del centro che della totalità. Così com'è il Sé per Jung. L'estrema periferia (il quadrato) è l'elemento che più d'ogni altro può ricordarci la frammentazione psichica, la centrifugazione dei frammenti, ma costituisce anche un solido baluardo contro la possibilità che questa si concretizzi in una fuga da una cinta brecciata. Una psiche integrata è un tempio, un mandala vivente. Infatti nel mandala tetramorfo il numero che lo sguardo coglie è sempre il cinque. Ogni quadrato suggerisce la concretezza di un quinto elemento: il centro, la quintessenza. Anche se non è disegnato da un punto, due diagonali o una croce.  

Molti templi sono mandala e allora sono anche una psiche e un mondo. Una moschea ha una cupola e quattro minareti. Una chiesa cristiana a pianta quadrata ha una cupola e quattro cappelle.

Del mandala può farsi una lettura in essere o in divenire. Può esser letto come meta e come processo di disintegrazione o di reintegrazione dei disaggregati. Quest'ultimo fa sì che si presti ad una rappresentazione euristica e terapeutica suggerendo un sempre rinnovato confluire e contenere le spinte alla frammentazione e a riconciliare i proietti.
Ogni forma esteriore suggerisce una corrispondente configurazione psichica. Il mandala produce rotondità e completezza. Disegnare mandala ha un effetto psicotropo. Dà una sensazione di pienezza e di centratura. Evita la frammentazione. Con il suo contorno solido contiene, ha un effetto di cerchiatura antipsicotica. Anziché chiamarla meditazione, l'osservazione del mandala potremmo dirla centratura o cerchiatura. Qualsiasi atto preciso concentrato su un oggetto ti tiene avvinto. Avvinto ad un sasso, ad un mantra, ad un punto, ad un mandala, ad una parte del corpo stirata mentre i polmoni dolcemente si dilatano e dolcemente si rilassano. Soprattutto legato al sé, come ad un molo solido e sicuro. Senza questo ancoraggio ad un oggetto o ad una sensazione, ci si sente fluttuanti, instabili, quando non, addirittura squadernati e dispersi.
Attratto dal centro del mandala, l'insieme dei frammenti converge rapidamente al nucleo della personalità da dove, compatto, il Sé spazia e si pone in feconde e solide relazioni.
Il mandala è anche simbolo della coniunctio, poiché la simmetria compone gli elementi in un bilanciamento che porta al centro; vederli contemporaneamente è vedere il centro.
In età avanzata Jung lasciò intendere che il mandala era per lui l'alfa e l'omega. "Sapevo che nel trovare il mandala - disse precisamente - avevo raggiunto il vertice [delle mie conoscenze]. Forse qualcuno ne saprà di più, io no".
Il mandala è anche la rappresentazione del transfert, se per quest'ultimo intendiamo, come Jung, la relazione analitica. Non c'è contraddizione rispetto a quanto Jung aveva affermato in gioventù: "il transfert è l'alfa e l'omega della psicanalisi". È il mandala a suggerirci di passare dalla compensazione alla congiunzione degli opposti, dall'alternanza alla contemporaneità, dalla separazione alla relazione terapeutica, dalla dissociazione all'integrazione. È attraverso la relazione terapeutica che si forma la giusta relazione interna fra i contenuti della coscienza e quelli dell'inconscio. In altre parole la congiunzione con l'analista provocherà la congiunzione interna fra alcuni elementi che stanno nella coscienza ed altri, a loro opposti, che stanno nell'inconscio. Questi ultimi elementi, nella condizione di alternanza, irrompono ogni tanto, vengono a giorno attraverso il sintomo, per compensare l'atteggiamento unilaterale della coscienza: l'Ombra interviene per compensare l'Io, l'Anima per compensare la Persona, l'introversione per compensare l'estroversione, il femminile per compensare il maschile.  

La coniunctio oppositorum.  La relazione terapeutica è un confronto interpersonale; la relazione fra opposti psichici (coscienza e inconscio) è un confronto intrapsichico; il mandala è una rappresentazione grafica dinamica sia della relazione intrapsichica che interpersonale nel suo divenire, nel suo passare dalla funzione compensatoria all'unità degli opposti. Esso non è solo una topica o un'anatomia della psiche. È una delle descrizioni più alte della relazione. La segue e la precede, la descrive e l'induce, la suggerisce e la provoca.  Il proprio mandala, il paziente deve conoscerlo da solo, disegnarlo da solo, colorarlo da solo, spingerlo avanti da solo. Scoprendo in questo la sua responsabilità.  

Il processo d'individuazione.  "Non so più quanti mandala disegnai allora, ma furono moltissimi. Mentre li disegnavo, ripetutamente mi si poneva il problema: «A che serve questo processo? Qual è la sua meta?». Ero costretto a seguire io stesso il processo dell'inconscio. Dovevo lasciarmi portare dalla corrente senza sapere dove mi avrebbe condotto ... comunque vidi che ... tutte le strade che avevo seguito ... portavano ... al centro. Mi fu sempre più chiaro che il mandala è la via al centro, alla individuazione" (RSR, pag. 241). Sappiamo che per Jung il centro rappresenta il Sé. "Lo scopo dello sviluppo psichico è il Sé ... Non si può andare al di là del centro ... il Sé è il principio e l'archetipo dell'orientamento e del significato. In ciò sta la sua funzione guaritrice. Il riconoscerlo per me voleva dire avere una prima intuizione del mio mito personale" (RSR, pag. 241).  

Il Sé transpersonale.  Sogno: Liverpool, nebbia, pioggia, fumo. Al centro una piccola isola, su cui sta un solo albero su cui splende il sole e che spande luce intorno a sé. I miei compagni non notano né l'albero né il sole e non capiscono perché uno svizzero possa esser venuto ad abitare qui. Io penso: "So bene perché si è stabilito qui". (RSR, pag. 242). Dopo il sogno Jung smise di disegnare mandala. Il sogno rappresentava il culmine di tutto il processo di sviluppo della coscienza. Una prima intuizione del suo mito personale: l'alchimia. Per singolare sincronicità Wilhelm gli invia, proprio in quel periodo, un testo alchemico cinese: Il segreto del fiore d'oro.

 


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