TEMI   DI   PSICODIALETTICA

a cura del

Centro  internazionale  di  Psicodialettica

Caposcuola e fondatore: Prof. Luciano Rossi

Responsabile del Centro: Dott.ssa Lisa Marchetta

 


Il viaggio umano-poetico di Rainer Maria Rilke

 

Home | Presentazione | Storia del Centro | Il pensiero | Trasformazione | Letture

Pubblicazioni | Links | Articoli | Proprietà | La pagina letteraria  


Il viaggio umano-poetico di Rainer Maria Rilke

di Lisa Marchetta

 

Rose, oh reiner Widerspruch.

Lust, 

                                                                                                       Niemandes Schlaf zu sein 

unter soviel

                                                                     Liedern[1]

Rainer Maria Rilke

 

 

 

            Possiamo suddividere l’opera e la vita di Rilke in tre fasi cronologiche che culminano ognuna, e nell’ordine, nei tre stati universali raggiunti dalla coscienza durante la sua evoluzione: la fase giovanile, quella matura e quella adulta, che corrispondono allo stato naturale, a quello indifferenziato e a quello trasformato.  Per traghettare da una fase all’altra la Psicodialettica[2] prevede il verificarsi di due movimenti – due negazioni[3] –, che possiamo rintracciare prima nella vita e poi in alcuni momenti esemplificativi dell'opera rilkiana[4].

            Della fase giovanile, sappiamo dalle parole dello stesso Rilke che la vita familiare, e alcune scelte da essa imposte, gli procurarono uno stato di malessere fisico e psicologico. Non abbiamo resoconti precisi, ma nella Lettere da Muzot leggiamo:

 

“il sommo della mia commozione tutta cattolica fu raggiunto fra le agitazioni di quel duro periodo della scuola militare, che aveva preteso da me, pur in mezzo a cinquecento ragazzi, un’esperienza della solitudine smisurata per la mia età”[5]

 

            Reticente a rispondere a domande sulla propria giovinezza, Rilke vi si trova costretto pochi anni prima della morte, avvenuta nel 1926, quando già si moltiplicavano gli studi sulla sua opera le esperienze che l'avevano influenzata; in una delle sue lettere si legge:

 

”vi sono grato che non vi aspettiate da me dei particolari biografici, ora però io devo a mia volta addurne alcuni di questa specie, per farvi comprendere l’avversione che ho alle mie primizie. Gli anni a cui voi ora pensate, seguirono immediatamente ad altri di tal sorta, che non ho mai capito come si potessero superare. Verso i 17 anni ero così impreparato alla vita e al lavoro da compiere, come non si può immaginare. Un’istruzione quinquennale in una scuola militare era infine divenuta così manifestamente assurda, per il mio stato d’animo e di salute, che doveva finire in una rottura. Trascorse un altro anno di salute cagionevole e di perplessità”[6].

 

            La rottura di cui parla Rilke riguarda l’abbandono della carriera militare: per la Psicodialettica essa rappresenta la prima negazione, la ribellione alla Legge del padre, l’inizio del percorso evolutivo della coscienza. Ben prima di diventare scrittore e poeta, infatti, Rilke lascia l’accademia e inizia a frequentare il ginnasio, recuperando gli anni perduti: “era impossibile mettermi fra i ragazzi di 10 anni a cominciare gli studi con loro”[7].

            E’ questa la fase di transizione della storia dell’evoluzione della coscienza: il figlio è partito alla ricerca della propria Legge, che ancora gli manca. Alcuni scritti del poeta descrivono sia lo stato naturale che il passaggio allo stato di transizione della coscienza: si tratta di lavori giovanili, frutto della prima negazione. Rilke è ancora influenzato dalle esperienze nella scuola militare, che gli ispirano i contesti e le atmosfere di alcuni racconti.

            Fa parte di questo primo periodo la raccolta Danze macabre[8], i cui temi sono strettamente legati alle vicende salienti della prima parte dell'esistenza del poeta: il rapporto con Maticka Praga, con un padre borghese e l'esperienza dell'accademia militare. Mauro Ponzi, nell'introduzione alla raccolta[9], sottolinea la locuzione ceca – Maticka Praga –  che, citando  Kafka, suggerisce la relazione con una “mammina” dolce e soffocante, da cui è difficile separarsi perché dotata di artigli.  La colorita espressione delinea quel tipo di legame – noi lo diremmo simbiotico – proprio dello stato naturale della coscienza, quando si trova nella fase di fusione. Rientra in questa fase tutto ciò che è “già dato”: convenzioni, educazione, atmosfere; il “pianeta” nel quale viviamo ci ospita, con tutte le sue regole, senza che vi sia ancora riconosciuto o contemplato qualcosa di nostro.

            La descrizione di questo tipo di rapporto è presente nel breve racconto di Rilke Pierre Dumont, che genera, quando la lettura è empatica, una nauseante sensazione di soffocamento. L’undicenne Pierre trascorre un pomeriggio con la mamma, prima di rientrare in collegio. Egli vive con sofferenza il pensiero dell’imminente congedo dalla madre; perciò, dopo aver pranzato e conversato di cibo, si procura uno stato di malessere fisico – un mal di pancia – con un buon cannolo alla crema. Poco lontano lo attende la porta del collegio, che può oltrepassare solo presentandosi con un tesserino di riconoscimento, recante il numero 20.

            In un altro racconto, Ora di ginnastica, viene descritta brevemente la vita dura e arida di un gruppo di giovani cadetti.  La “fotografia” scattata da Rilke ritrae la morte di un giovinetto, causata da uno slancio di orgoglio fisico e avvenuta sotto gli occhi dei compagni, dapprima stupiti, poi indifferenti e infine ilari. Scrive Ponzi a proposito della vita di Rilke:

 

“La madre ha avuto un’influenza determinante sul giovane Rilke. Il suo distacco dal padre è stato più facile e si è concretizzato nell’abbandono della carriera militare. Ambedue i genitori avevano, in modo diverso, mitizzato la figura dell'ufficiale, ma il giovane René si sentì ben presto distante da questo modello”[10].

 

            Un'altra opera significativa della fase giovanile è il racconto lungo intitolato Ewald Tragy[11]. Il poeta, secondo la prospettiva della Psicodialettica, sta ancora attraversando la fase di transizione e il suo “io scrittore” gli consente di “vedere” e descrivere l'esperienza.  Una seconda negazione sarà quindi necessaria per transitare dall'adolescenza letteraria alla maturità, dall'io poetico all'io umano, secondo la convincente tesi di Furio Jesi[12].

            In Ewald Tragy  due qualità dell'io – l’io poetico e l’io umano – si incarnano in due personaggi: Von Kranz e Thalmann; il primo è la rappresentazione letteraria dell'io poetico di Rilke, il secondo dell'io umano. La descrizione di Von Kranz pare davvero una parodia: quella del poeta logorroico e annoiato che attende giunga la notte per l’ispirazione. Al contrario, Thalmann è lo scrittore-operaio che di giorno lavora per guadagnarsi da vivere e solo di notte può dedicarsi alla scrittura. Di Thalmann spicca la dimensione umana: completamente disinteressato ai tormenti interiori dell'artista e a quelli di Ewald, giudicati probabilmente infantili, egli proferisce pochissime parole che cadono pesanti come pietre nell'anima del giovane. Thalmann è il precursore letterario di quella figura umana protesa al duro lavoro artistico – visto come osservazione, studio e imitazione della natura – che Rilke riconoscerà, ammirandola, in Cezanne:

 

“quanto m'impegna ora Cezanne è la misura del mio cambiamento. Ora sono sulla strada di diventare un lavoratore, una lunga strada, forse, e probabilmente mi trovo soltanto alla prima pietra miliare; ma nondimeno posso già ben capire quel vecchio che è andato avanti, lontano, da solo, dietro a sé soltanto bambini che gli tirano sassi (come una volta ho descritto nel frammento dei solitari)”[13].  

 

            Ewald non sa definirsi se non nel confronto con i poli rappresentati dai due personaggi: egli è un giovane uomo in preda all'angoscia della solitudine e della ricerca artistica, ricerca che non può essere slegata dalla sofferenza causata dall'abbandono dei “luoghi” paterni e materni. Indirettamente[14], attraverso questo personaggio, Rilke sta parlando di sé. E' quindi possibile legare l'opera all'uomo? Nel caso di Rilke sembra di sì: l'opera appare come esperienza diretta della metamorfosi della personalità del poeta.

            Nella parte finale del racconto, dopo aver sperimentato autenticamente la solitudine, Ewald intona il suo canto disperato e volge lo sguardo al femminile affinché dall'esperienza di annientamento egli possa ricostruirsi:

 

“sono ancora malleabile, e posso essere come cera nelle tue mani. Prendimi, dammi una forma, finiscimi(…).E’  un grido verso la maternità che sorpassa di molto una singola donna, raggiungendo quel primo amore in cui la primavera diventa gaia e spensierata”[15].

 

            Il femminile avrà un ruolo fondamentale in una fase appena successiva, che segnerà l'inizio della separazione del poeta dalle proprie origini artistiche e dall'io poetico.

            I quaderni di Malte Laurids Brigge[16] descrivono proprio questo strappo e rappresentano la seconda negazione: la separazione di Rilke dalla maturità poetica per entrare in quella “adulta”. Come suggeriscono gli studi pionieristici di Jesi, i frammenti de I quaderni sono i semi della trasformazione dell’io poetico in io umano, da cui si svilupperà la successiva opera adulta di Rilke. I quaderni sono l'opificium e il suo prodotto alchemico. Essi non sono un vero e proprio romanzo e non sono certo poesie, bensì il tentativo di esprimere attraverso frammenti il processo interiore che condurrà all'opera, e il laboratorio nel quale tale processo è avvenuto. E’ lo stesso Rilke ad affermarlo:

 

è come se avessi trovato in un cassetto dei fogli in disordine, a un certo momento non ne trovassi di più e dovessi contentarmi di quelli. Da un punto di vista artistico, è questa una pessima unità, sul piano umano è però possibile, possibile è che quanto c'è dietro sia, nonostante tutto, l'abbozzo di una vita, il nodo oscuro di forze in movimento”[17].

 

            Con i Quaderni di Malte Laurids Brigge, dunque, Rilke fa “definitivamente” i conti con la propria autobiografia e vive, nell’opera e nella psiche, l’uccisione del modello dell’io poeta, dell’intuizione senza lavoro, e il conseguente passaggio dalla maturità poetica ai frutti che essa, nell’adultità, può dare.

            Il prodotto alchemico è l’io umano che lavora come poeta. In questa fase c’è il recupero della Legge del padre, precedentemente negata con l’abbandono della carriera militare e ora ritrovata nella volontà di essere artista. Il prodotto artistico (“la rosa” dell’iscrizione funeraria), nato dalla congiunzione degli opposti dopo la seconda negazione, sarà visibile solo più tardi. Essa necessita dell’esposizione ai raggi solari, dell’ ”asciugatura dell’anima”, come direbbe Eraclito[18]. Ed è proprio da un lungo periodo di siccità[19] che nasceranno le Elegie Duinesi e i Sonetti a Orfeo, opere del periodo adulto, frutto della riconquista da parte di Rilke del proprio io umano, ormai libero di essere poeta.

            Se i Quaderni sono l'uccisione del modello poetico da cui, all'alba, l’uomo finalmente può risorgere, il risorto è colui che scrive l'opera al tramonto: la coscienza si trova ora nella condizione trasformata, nello stato di integrazione tra tesi e antitesi, tra io umano e il modello dell’io poetico.

 

 

[1] Iscrizione voluta da Rilke sulla propria lapide tombale. Questa la traduzione di Errante (in E. Paci, La fontana di Rilke, “Giornale del Mezzogiorno”, 3.16.1946): “O rosa! O tu, purissimo mistero (contraddizione) – d’essere il sonno – che nessuno dorme sotto tante palpebre”.

[2] Rossi L., Psicodialettica, QuattroVenti, Urbino, 1999

[3] Rossi L., Negazioni, QuattroVenti, Urbino, 1992

[4] Per approfondimenti si rimanda il lettore al link: http://www.psicodialettica.it/dizionario.htm .   

[5] Rilke R.M, Lettere da Muzot (1921-1926), Cederna, Milano 1947, pag. 270

[6] Rilke R.M., Lettere da Muzot (1921-1926), op. cit., pag. 265

[7] Rilke R.M., Lettere da Muzot (1921-1926), op. cit., pp. 265-266

[8] Rilke R.M., Danze macabre, Newton Compton, Roma 1994

[9] Ponzi M. introduzione a Rilke R.M., Danze Macabre, Newton Compton, Roma 1994, pag. 5

[10] Ponzi M., op. cit., pag. 5

[11] Rilke, R.M., Ewald Tragy, Adelphi, Milano 1983

[12] Jesi F., Esoterismo e linguaggio mitologico, Quodlibet, Macerata 2002. Il terzo capitolo del libro è interamente dedicato all'ipotesi che nel Rilke romanziere, autore dei Quaderni di Malte Laurids Brigge, vi sia la volontà di superare il divario esistente tra io umano ed io poetico. Ewald Tragy sarebbe pertanto il precursore letterario di Malte Laurids Brigge  e “il passaggio dal discorso indiretto di Tragy a quello diretto di Malte finisce per denunciarsi come un paradossale sacrificio temporaneo della sostanza e della dimensione autobiografica a vantaggio di un futuro recupero di quella sostanza e di quella dimensione ad un livello più alto.” (pag. 120)

[13] Rilke R.M., Lettere su Cezanne, Passigli, Firenze 2001, pag. 66

[14] Jesi F., op. cit., pag. 119

[15] Rilke, R.M., Ewald Tragy, op. cit., pag. 68

[16] Rilke, R.M, I quaderni di Malte Lurids Brigge, Adelphi, Milano 2001

[17] Rilke R.M., Lettere da Muzot, op. cit., pag. 198

[18] Eraclito, Dell’Origine, Feltrinelli, Milano 2009. Al frammento 112 si legge: ” per le anime è morte diventare acqua, per l’acqua diventare terra è morte; ma dalla terra nasce l’acqua, dall’acqua l’anima.” E al frammento 114: ”anima secca la più saggia, la migliore.” Se quindi l’anima nasce dall’acqua, in seguito ha bisogno di essere “asciugata”, di divenire secca, e di avvicinarsi così all’elemento fuoco.

[19] Jesi F., op. cit., pag. 125. Il critico osserva: ”(…) grazie all’essere vero poeta del suo io umano, non aristocratico, riusciva a spezzare il vincolo con quell’io e dichiararsi una volta per tutte vero aristocratico, falso poeta, tale da avere d’innanzi ‘siccità’ certa anziché incerta prospettiva di apprendistato sempre rinnovato dalla poesia.”

 


Home | Presentazione | Storia del Centro | Il pensiero | Trasformazione | Letture

Pubblicazioni | Links | Articoli | Proprietà | La pagina letteraria  

Copyright 2003 - Centro internazionale di Psicodialettica - All Rights Reserved

Per contattarci scrivete a: luciano.rossi38@alice.it