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Il secondo viaggio psicodialettico:
la lotta con i genitori mitici interni
(Sintesi della conferenza tenuta in Parma dalla dott. ssa Lisa
Marchetta il 29.09.2014)
Premessa
E’ soprattutto grazie ai sogni che possiamo conoscere e analizzare il
legame che intercorre
tra noi e i genitori mitici interni. Psicodialettica (1), il libro di
Luciano Rossi, padre fondatore
della Psicodialettica, pubblicato nel 1999, inizia proprio raccontandoci
un sogno. E i sogni,come i miti e le fiabe, narrano vicende apparentemente assurde come
assurdo è il
linguaggio dell'inconscio. I sogni, via verso il Sé prediletta da Jung,
possono aiutarci a
scoprire in quale posizione (o livello evolutivo), rispetto
all'individuazione, si trova la
coscienza di un individuo. Talvolta, grazie ai sogni, troviamo la
soluzione ai nostri
problemi. In altri casi guidano il nostro comportamento senza che ce ne
rendiamo conto.
Il sogno, raccontato in Psicodialettica da Rossi, narra di un animale
che s'inabissa, per
sempre, nelle acque dalle quali è emerso, lasciando finalmente libero il
sognatore dalle
antiche paure che esso stava a rappresentare. E “rappresentare”, quando
si parla di viaggio
iniziatico, è verbo assolutamente insufficiente, dal momento che
realmente, se il mostro
s'inabissa per sempre nel sogno, l'uomo si rialza da terra rigenerato,
libero dalle catene
della paura.
L'Ombra, rappresentata nel sogno dall'animale feroce, può
assumere anche altre forme,
più spesso però è un antico o immaginario animale che terrorizza in
svariati modi il
sognatore durante l'attività onirica. Possiamo ancor meglio definire
l'Ombra utilizzando la
definizione di “genitori mitici interni” (2) : simbolicamente uroboro,
morsa dolorosissima,
catena fatta di sangue umano dal quale proveniamo. Finché i genitori
mitici interni ci
tengono sotto il loro giogo la paura è l'emozione che guida le nostre
decisioni, ci
immobilizza, frena le spinte verso il futuro, condiziona il nostro modo
di vedere noi stessi,
gli altri e il mondo. La paura è l'emozione di cui si nutre la nostra
Ombra che,
consciamente o meno, ci conduce verso il buio. Una massa di due
individui antichissimi,
copie mostruose dei nostri genitori reali, bloccano le porte del nostro
avvenire agendo
attraverso padre e madre reali. Sembra fantascienza, ed invece è la
potenza del nostro
“essere psiche”, quindi contenitori di processi invisibili tramandati
nei millenni.
Il nodo genitore-figlio
Il tema dei genitori mitici interni è per la Psicodialettica di
fondamentale importanza: lo
scioglimento del nodo “genitore-figlio” segna la possibilità di partire
per la propria strada e
di essere autonomi; la mancata separazione, al contrario, condanna alla
permanenza
insoddisfatta e infelice nella casa d’origine.
I genitori mitici interni sono la rappresentazione fantasiosa dei
nostri genitori reali. Un
lascito della nostra psiche infantile che non manca di esprimersi
attraverso immagini che
trasformano la realtà e la popolano di fantasmi. Essi, madre e padre
mitici interni, possono
impedirci di partire per il nostro viaggio in due modi diversi.
Il primo, la madre, rappresenta la nostra tendenza ad interagire nelle
relazioni in modo
simbiotico: questo è il desiderio viscerale – corporeo, di tenersi
legati a qualcuno o
qualcosa. Il secondo, il padre, rappresenta invece la tendenza ad
aderire ad un sistema
culturale prestabilito che utilizza la parola come mezzo espressivo:
egli detiene quel potere
legislativo che di solito è il sunto delle norme sociali vigenti. La
madre ha il potere sul
corpo, il padre sulla cultura.
Entrambi i genitori mitici interni possono tenerci in uno stato
d’immobilità, di stallo,
possiamo anche dire in una gabbia, o in un nido. La Psicodialettica
utilizza l’espressione
“pensiero povero” per designare questa condizione. Il pensiero povero è
ciò che ci è stato
dato in eredità dalla nostra famiglia e dalla cultura nella quale siamo
vissuti. Hegel lo
definisce il “già dato”. Utilizzando una metafora si può dire che esso è
quel cibo che ogni
giorno qualcuno ha preparato per noi, ha messo sulla nostra tavola e ci
ha consigliato di
mangiare, senza chiederci o senza poter sapere se era quello giusto per
noi, se era
l’alimento adatto alla nostra crescita. Già da ora accenniamo al
progetto di Psicodialettica:
esso punta a che ogni individuo scopra qual è il cibo giusto e se lo
procuri da sé.
Rimanendo nella metafora alimentare vi è un grande mito del passato
a cui si fa
costantemente riferimento in Psicodialettica: quello di Adamo. Il mito
ci indica come già il
primo uomo abbia voluto infrangere un divieto procurandosi proprio quel
frutto di
quell’albero che non avrebbe dovuto toccare. Adamo, cacciato dal
paradiso a causa
dell’infrazione, dovette successivamente imparare a lavorare la terra
per potersi nutrire.
Tornando a noi e ai nostri genitori mitici interni, possiamo dire che essi, come il Dio
d’Adamo, pongono
divieti alla nostra volontà e alla nostra autonomia, divieti che dovremo
infrangere, proprio
come Adamo.
La Psicodialettica, in quanto processo psichico diviso in quindici
passi (3) e tre viaggi,
nella sua veste di teoria psicologica fondata sull’evolversi della
coscienza, si occupa di
questo tema nel secondo viaggio, che è di ascendenza junghiana, e
descrive il processo
attraverso il quale siamo imprigionati dal potere dei genitori mitici e
grazie al quale ce ne
potremmo liberare. Questo potere tiene legate a sé grandi masse di
energia che, se liberate,
tornerebbero a noi, al servizio della crescita personale.
Tre sono i viaggi psicodialettici e quindici sono i passi che
l’analizzando dovrebbe
compiere per portare a termine l’intero percorso. L’obiettivo finale è
quello di promuovere
l’evoluzione della coscienza individuale attraverso tre grandi viaggi:
il primo personale, il
secondo transpersonale e il terzo di disidentificazione. In questo
saggio ci occuperemo del
secondo viaggio, quello di ascendenza junghiana, che ha come meta ultima
la
riconciliazione con i nostri genitori reali, riconciliazione che passa
attraverso l’osservazione
e il distacco dai nostri genitori mitici interni. Finché essi avranno
potere sulla psiche molte
delle nostre energie verranno impiegate per nutrire il conflitto,
obbligandoci alla immobilità.
I cinque passi del viaggio transpersonale attraversati
dall’analizzando psicodialettico (4)
1. Il figlio dimora presso la casa d’origine, se non fisicamente, almeno
come dipendenza
materiale o emotiva.
2. Il figlio lentamente diviene consapevole dei propri desideri: l’uno è
quello di andare e
l’altro è quello di restare.
3. Il figlio prende coscienza della propria autonomia e della propria
volontà. Si separa dai
genitori mitici interni e parte per il proprio viaggio.
4. Il figlio riesce a riconoscere le qualità reali dei propri genitori e
periodicamente può
tornare a casa.
5. Il figlio torna. Egli sa di sé e dei propri genitori. E’ ripristinata
l’alleanza e ognuno è
ben distinto dall’altro.
Secondo la Psicodialettica la “salute psichica” dipende dall’aver
soggiornato nella casa
d'origine e dall’averla poi lasciata, due tappe per raggiungerne una
terza, quella
dell’ "adulto sano”. La prima tappa corrisponde al legame simbiotico, la
seconda alla
separazione o opposizione colpevole.
L’adulto, secondo la Psicodialettica, non può dirsi tale se ancora
soggiorna in una di
queste fasi senza poter passare ad una terza:
1. Fase dove prevale il legame
simbiotico
2. Fase dove prevale l’opposizione colpevole
Se un individuo permane, senza potersi muovere, nella prima, è ancora “
figlio”: dimora
nella casa d’origine senza potersene andare. Se è immobile nella
seconda, esso si priva
delle proprie radici: separato e in opposizione alle proprie origini
percepisce senso di
colpa. In entrambi i casi non si trova nello stato di salute indicato
dalla Psicodialettica.
Come fare, quindi, a completare il ciclo e trovarsi, finalmente, nella
condizione di “adulto
sano”?
Il viaggio iniziatico
La Psicodialettica non si accontenta di descrivere e interpretare ma,
rifacendosi alle
grandi tradizioni iniziatiche, desidera realizzare l’evoluzione della
coscienza individuale
attraverso una trasformazione concreta che solo attraverso la
trasformazione della “carne”
può avvenire. Tre sono i grandi viaggi psicodialettici e tre le
tipologie, verosimilmente, di
cammini iniziatici. Ognuno porta con sé difficoltà specifiche e
altrettanto originali
risoluzioni.
Come in tutti i cammini iniziatici esiste un livello essoterico ed
uno esoterico. Il primo
“di carta”, il secondo “di carne”. Il livello essoterico, di carta,
invita all’ascolto delle parole
della guida, mentre quello di carne, al fare concreto. Tema caro al suo
fondatore, quello
dell’iniziazione è ancora materia di studio e di elaborazione; esso
rappresenta la possibilità
concreta di vivere il nostro personalissimo viaggio di conquista del sé
e di una nuova
“carne”, ossia di un nuovo modo di sentire e di essere.
Potenzialmente esistono tanti viaggi iniziatici quanti sono gli
individui che decidono di
rispondere alla chiamata, cioè infiniti o nessuno. Ognuno di noi ha una
particolare
mancanza o un preciso desiderio, diverso da quello di qualsiasi altro,
per questo il processo
descritto è uguale per tutti ma i suoi contenuti, la melodia contenuta
nella struttura, sono
diversi per ognuno. Non esiste un viaggio iniziatico uguale all’altro.
Impossibile sarebbe
invitare qualcuno a raccontare del viaggio con parole comuni, senza far
ricorso alla
metafora e ai simboli. E’ però possibile portare esempi di viaggi
iniziatici che contengono
l’intero processo psicodialettico, andandoli a cercare là dove il
linguaggio si fa adatto al
proposito, cioè nelle fiabe e nei miti.
Ne utilizzeremo qualcuno per render chiara la struttura, sempre
costante, del processo.
Che favole e quale mito scegliere per “la lotta con i genitori mitici
interni”? Il primo che abbiamo scelto è quello di Jung. Lo sintetizziamo
utilizzando le cinque fasi del viaggio transpersonale de “i quindici
passi” ma inserendo, in ognuna di esse, l'evento junghiano che la
caratterizza :
1. Jung prova una grande ammirazione verso Freud. Essi non solo
collaborano alla
teoria psicoanalitica ma si considerano legati da un amore filiale:
Freud, il padre e
Jung, il figlio. Jung permane nella casa del padre entusiasta della
grande e nuova
teoria psicoanalitica.
2. Jung inizia ad avere i primi dubbi rispetto alla rigidità della
teoria “paterna”. Egli
desidera ampliare, aggiungere, apportare nuovi e “stravaganti” contenuti
alla teoria.
3. Iniziano i primi reali conflitti che sfociano nell’abbandono di Jung
della dimora
paterna. Egli si separa dal mondo psicoanalitico. Intraprende un viaggio
solitario
nel quale si mette a confronto con il proprio inconscio. Annota per anni
incontri
surreali, figure psichiche buone e cattive, visualizza immagini e si
mette in ascolto di
ciò che l’inconscio vuol dirgli: sono questi gli anni della stesura del
Libro Rosso.
4. Rientra nel mondo psicoanalitico con un nuovo corpus teorico.
5. Il corpus teorico junghiano, nonostante non sia stato sistematizzato
da Jung (ma
solo dai suoi allievi, Psicodialettica compresa che ha messo a punto una
metapsicologia junghiana), è perfettamente integrabile con le teorie
psicoanalitiche
freudiana e adleriana. Egli ripristina l’alleanza con le istituzioni
psicoanalitiche
pubblicando testi e ampliando le conoscenze sull’inconscio. Introduce
nel corpus
teorico il concetto di archetipo.
Tutto ciò ha comportato per Jung un prezzo in termini di dolore vissuto.
L’esperienza
garantisce cambiamenti radicali poiché comporta un nuovo modo di vedere
e sentire le
cose. Ma per raggiungere questo nuovo modo si devono superare prove e
affrontare
ostacoli che procurano dolore, allo stesso tempo queste ci permettono di
attingere a risorse
che non sapevamo di possedere.
Chi intraprende, quindi, un viaggio iniziatico “transpersonale”? Colui
che ha il coraggio di rispondere alla chiamata, che altro non è che il
farsi strada dentro di noi di un dubbio su ciò che siamo e ciò che
vorremmo essere, di dar ascolto a quel dubbio, e di abbandonare la
“madre patria”, la famiglia d’origine, il vecchio sistema di regole, la
cultura di appartenenza, il pensiero povero, per andare verso una
solitaria ricerca della risposta. E, una volta trovata, colui che ha il
coraggio di tornare e donarla al mondo dal quale era un tempo fuggito,
riconciliandosi con esso.
Nei miti che la cultura occidentale ha avuto in eredità
dall’antichità, questi individui
erano chiamati eroi o eroine. Nelle fiabe di magia essi sono i
protagonisti della storia che,
prima si allontano da casa, e poi vi tornano per essere incoronati re o
regine.
In molte delle fiabe dei fratelli Grimm, ad esempio, il
protagonista o la protagonista
deve abbandonare il regno o la casa paterna, in alcuni casi viene
cacciato o costretto ad
andarsene e, spesso, si ritrova in un bosco o in un luogo ignoto e
lontano in cui affronta
delle prove. Il bosco o il regno ignoto e lontano rappresentano, nella
nostra psiche, i luoghi
dell’inconscio. Nel bosco o nel regno il principe o la principessa
esiliati incontrano
personaggi che li ostacolano, come la strega cattiva, ma anche
personaggi che li aiutano
fornendo loro oggetti magici. Grazie a quest’ultimi superano prove
impossibili. Infine
tornano nel regno originario, dove vengono incoronati o sposano un
appartenente alla
famiglia regale.
Questa tipologia di fiaba, quella di magia, contiene proprio
l’intero percorso
psicodialettico (5): descrive le tappe che la coscienza deve attraversare
per potersi evolvere:
dalle origini, all'esilio dalla dimora paterna, fino al ritorno
vittorioso a casa.
Un altro esempio lo ricaviamo da un racconto intitolato “Il sentiero nel
bosco”, di
Adabert Stiftert (6), uno scrittore poco conosciuto del diciannovesimo
secolo. Come nelle
favole dei fratelli Grimm, il protagonista finisce con il perdersi in un
bosco. Ma in seguito a
questa vicenda angosciosa inizia il suo percorso di guarigione. Egli si
libera, seppure non
venga mai esplicitamente scritto dall'autore, dall'eredità familiare,
della sua “vecchia
cultura”, da un mondo che lo faceva vivere malato e solo. Ciò avviene
grazie ad un incontro
in un bosco e all'iniziazione segreta, a cui sempre l'inconscio va
incontro.
Un'altra fiaba, che illustreremo in un altro scritto, è quella di
Silvio D'Arzo. Si tratta del
“Pinguino senza frac" (7) , da poco uscito nelle librerie in edizione
illustrata.
Conclusioni
Vi sono innumerevoli esempi, tratti dalla letteratura e uno, come
abbiamo dimostrato,
tratto dalla vita di un grande uomo di pensiero, C.G.Jung, che ci
inducono a persistere nel
credere che la Psicodialettica rappresenta un modello di pensiero, una
metodologia
d'indagine dello sviluppo della coscienza e, ora, anche una prassi
psicoterapeuta di cui ci si
può giovare per aiutare l'essere umano ad affrontare e a risolvere il
quesito della salute
psichica, qui inteso come possibilità di evoluzione infinita di cui il
viaggio è la sua miglior
metafora; la lotta, nel viaggio transpersonale, il suo contenuto;
l'acquisizione di nuova energia, la sua meta.
Note bibliografiche
1 - L. Rossi,
Psicodialettica, Urbino, Quattroventi, 1999
2 - La denominazione “genitore mitico interno” è coerente con
l'impianto teorico della
Psicodialettica che riprende il filo del discorso junghiano da Neumann,
nel suo: “Storia delle origini della coscienza”. Neumann è tra quei
pochi studiosi junghiani che hanno saputo aggiungere mattoni di
conoscenza alla “dimora junghiana”. Nel capitolo “Il mito dell'eroe”
Neumann interpreta i miti delle uccisioni dei draghi da parte degli eroi
come il confronto dell'uomo con l'archetipo della madre e del padre, nei
loro aspetti “terribili”. Il concetto di “genitore mitico interno”
affonda le sue radici in questa visione.
3 - In Di alcuni passi
sulla via psicodialettica di Laura Briozzo e Angelina De Luca, edito da
Libera Accademia delle Scienze Umane, 2007, per la collana Phronesis,
vengono gettate le basi per “portare la Psicodialettica dallo stato di
teoria, trattata in Negazioni e in Psicodialettica, ad una prassi
concreta” (p. 25). E in questo testo che si definiscono i 3 viaggi e i
15 passi di cui è composto. Per approfondire fare riferimento al link:
http://www.psicodialettica.it/i15passi.htm.
4 - Si legge in Briozzo, (op.cit.),
p. 30: “Col sesto passo inizia il secondo viaggio con altro scopo, altro
obiettivo. Qui si dovrà riconoscere la simbiosi con la propria matrice.
Vi è spesso in questo stadio la mancata visione di un legame genitoriale
imprigionante e divorante.” I cinque passi da noi elencati corrispondono
ai passi 6-7- 8-9- 10 elencati da Briozzo. Qui utilizzeremo le sue
stesse parole per definirli.
5 - R. Rossi, La
dialettica della fiaba,
http://www.psicodialettica.it/dialetticadellafiaba.htm
6 - A. Stifter, Il sentiero nel bosco, Adelphi, 1999
7 - S. D'Arzo, Il pinguino senza frac, Consulta libri e progetti,
Reggio Emilia, 2014
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