TEMI   DI   PSICODIALETTICA

a cura del

Centro  internazionale  di  Psicodialettica

Caposcuola e fondatore: Prof. Luciano Rossi

Responsabile del Centro: Dott.ssa Lisa Marchetta

 


Dialettica e psicodialettica

 

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Dialettica  e  psicodialettica

di Damiano Maggio (1995)

 

 

“L’individuo possiede una costituzione finale che è … dialettica di frammenti”[1]; è un'unità in se stessa frammentata. Per poter giungere all’unità, alla sintesi, all’individuo finito, bisogna attraversare un processo dialettico di tali frammenti.

La psicodialettica, descritta per la prima volta da Luciano Rossi, è un possibile processo di costruzione individuale, essa è un ciclo psicologico trasformatici costituito dalla necessità di dipendenza e dal desiderio d'autonomia dell’individuo. L’obiettivo della psicodialettica è l’Artificiale[2], ovvero: l’essere nella sua più alta realizzazione, che si fa tale tramite una trasformazione operata da un lavoro negativo e creatore. Ma come attuare questo processo evolutivo? La risposta, per Rossi, è: attraverso la dialettica. E’ d’obbligo, giunti a questo punto, aprire una parentesi sull’interessante lavoro di Rossi, che ha tanto stimolato la nostra ricerca.

La Dialettica è un metodo di ricerca e d'esposizione filosofiche. Il metodo dialettico venne usato coscientemente e sistematicamente per la prima volta da Socrate-Platone ma, di fatto, è antico quanto la filosofia giacché non è altro che il metodo del dialogo, ossia della discussione. La dialettica in genere, si articola tra due figure, le quali, attraverso due movimenti, danno luogo a tre condizioni o relazioni possibili. La Psicodialettica è, invece, un processo di natura dialettica in quanto, partendo da una posizione iniziale, la così detta Tesi , con un procedimento analitico o regressivo pone inconsciamente, dapprima di fronte a sé un Antitesi e successivamente, con un procedimento sintetico o progressivo, compone consciamente le due figure, Tesi e Antitesi, in una terza che le sintetizzi. La sintesi però non è identica alla tesi, il cerchio non si chiude, né si deve chiudere: “Il ciclo non è in realtà un cerchio ma si presenta piuttosto come una voluta di una spirale cilindrica fatta di molte spire.”[3]

La Dialettica intesa da Rossi, è dunque piuttosto quella della Fenomenologia dello spirito di Hegel, il quale si accontenta di osservare e di descrivere, in un discorso coerente, la dialettica attuata nel corso della storia. “Il suo pensiero riflette semplicemente il reale.”[4]   

Descrivere la realtà significa rendersi conto della Storia  ovverosia dell’Azione umana, quindi la filosofia di Hegel è dialettica perché vuol dar ragione all’esistenza dell’uomo nel mondo, descriverlo così com’è realmente, e cioè nella sua specificità irriducibile.[5]

La dialettica hegeliana si riassume tutta quanta in una sola categoria fondamentale: quella della soppressione dialettica. Sopprimere dialetticamente significa: sopprimere conservando ciò che è soppresso. Ora, conservarsi-come-negato significa (per quanto riguarda l’esperienza umana) ricordarsi di quel che si è stati, pur essendo divenuti radicalmente diversi. “Mediante il ricordo, l’uomo interiorizza il proprio passato, facendolo divenire veramente suo, conservandolo in sé e inserendolo nel suo presente, che è in pari tempo una negazione attiva di tale passato conservato.”[6]

Negare, quindi, non toglie, anzi ribadisce. E la negazione della realtà altro non fa che riconoscerla. Negare dialetticamente (ossia conservandolo) il mondo, naturale o sociale, equivale a trasformarlo. Bisogna allora cambiare noi stessi per adattarci ad esso, o soccombere. Per converso, negare se stessi conservandosi nell’esistenza, significa cambiare l’aspetto del mondo. Scrive Kojève: “La Negatività, che si realizza e si manifesta come azione creatrice, è l’uomo che, vivendo nel mondo naturale, resta se stesso, pur non essendo sempre (o necessariamente) il medesimo.”[7]

Sostanzialmente, per Rossi, la Fenomenologia dello spirito può essere adottata come modello in campo psicologico[8], contenendo in sé analisi e sintesi (Freud e Jung), che si alternano negando: la prima, l’unità, e la seconda, la molteplicità.

“L’evolversi dell’anthropos assume via via successive e sofisticate raffigurazioni che si autocostituiscono soprattutto attraverso processi di analisi e di sintesi alternatisi fra loro. Nel procedimento cosiddetto analitico, si tratta di togliere l’eccesso di dati dalla realtà naturale e, proiettandoli all’esterno, di farne dei fenomeni onde farli apparire, vederli e riconoscerli come propri. Nel procedimento cosiddetto sintetico, si tratta di negare, in quanto esterne, le parti riconosciute e di riprenderle su di sé.”[9]

Il tentativo che cerca di proporre Rossi è una composizione dialettica tra due ermeneutiche opposte, appunto la freudiana, che riconduce tutto alle cause e si volge analiticamente a conoscerle, e la junghiana, che si volge ai fini ed utilizza un metodo, quello prospettico o sintetico, che consiste nel riconoscere gli opposti come complementi un tempo uniti, e nel ricongiungerli ma, questa volta, nella distinzione (coniunctio oppositorum).

La conciliazione delle due ermeneutiche approda ad un terzo modo, appunto la Psicodialettica, che segue il metodo hegeliano in quanto s'incarica non solo di estraniare e negare i contenuti sconosciuti dell’essere, ma anche di negare, successivamente, le precedenti negazioni. In Negazioni, la fenomenologia di Hegel non viene identificata con la sola sintesi, bensì come la descrizione di un compito completo: l’immancabile e regolare susseguirsi di analisi e sintesi destinato a pervenire, in fine, ad una coscienza non immediatamente data e non statica ma: mediata e in divenire.

Analisi e sintesi, quindi, svolgono lo stesso compito perché si alternano in due fasi che sono, sì, diverse, ma programmate per lo stesso fine e che, comunque, restano solo una tappa perché la sequenza si ripete all’infinito.[10]

Si disegna così, nella nostra vicenda personale, un ciclo di aperture e chiusure. Del ritmo di questi passaggi, ciascuno di noi diventa sempre più l’arbitro e il regolatore, l’unico in grado di stabilirne la misura. Essi segnano l’evoluzione dinamica, le metamorfosi della vita personale.

Come scrive R. Bodei: “La peregrinatio vitae non ha fine,….il viaggio prosegue,….l’esodo continua dopo ogni sosta e nessuna terra promessa è mai l’ultima.”[11]



[1] Comunicazione personale dell’Autore.

 

[2] “Si tratta di un allargamento e dell’evoluzione ad un tempo di tale concetto. Se noi intendiamo con il termine Naturale ciò che viene creato e conosciuto solo da un principio trascendente, e intendiamo con il termine Artificiale ciò che può venir costruito (o modificato), pensato e conosciuto anche dall’uomo, diviene evidente che tale definizione racchiuda la possibilità, da parte dell’Essere, di costruirsi da sé attraverso il successivo conoscersi.”  L. Rossi, Negazioni, QuattroVenti, pag. 27.

[3] L. Rossi, Op. cit., pag. 109.

 

[4] A. Kojève, La dialettica e l’idea della morte in Hegel, Einaudi, pag. 56.

 

[5] La descrizione della realtà concreta è un “discorso” dialettico che si effettua in tre tempi: la Tesi che precede l’Antitesi, che è seguita dalla Sintesi, la quale si presenta poi come una nuova Tesi. La Tesi descrive il materiale dato a cui si applicherà l’azione; l’Antitesi rivela quest'azione stessa, mentre la Sintesi ne mostra il risultato, ossia l’opera compiuta e oggettivamente reale. Quest'opera, proprio come il dato iniziale, esiste non come data, bensì come creata dall’azione negatrice del dato. Per taluni dei suoi aspetti, in certuni dei suoi elementi, l’opera è anch’essa un semplice dato, suscettibile di essere negato attivamente e di servire da materiale per una nuova opera. Perciò la Sintesi deve descrivere l’Essere non soltanto come opera o il risultato dell’azione, ma anche come dato suscettibile di provocare altre azioni negatrici, ossia, come un essere da rivelare in una nuova Tesi.

 

[6] A. Kojève, Op. cit., pag. 110.

 

[7] Ibidem, pag. 99.

 

[8] “La relazione esistente tra la psicologia e la Fenomenologia dello spirito, fu posta dallo stesso Hegel esplicitamente. Egli già nel 1807 dichiarava senza mezzi termini che la Fenomenologia doveva sostituirsi alle spiegazioni psicologiche.”  Jean Hyppolite, Genesi e struttura della Fenomenologia dello spirito di Hegel, La Nuova Italia, pag. 74.

 

[9] L. Rossi, Op. cit., pag. 27.

[10] “Procedendo si scoprirà che non ci sarà una sola coniunctio, una sola mediazione, ma tante concatenate mediazioni in una serie di capovolgimenti.”   L. Rossi, Op. cit., pag. 95.

 

[11] Cit. in L. Rossi, Op. cit., pag. 109.


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