TEMI   DI   PSICODIALETTICA

a cura del

Centro  internazionale  di  Psicodialettica

Caposcuola e fondatore: Prof. Luciano Rossi

Responsabile del Centro: Dott.ssa Lisa Marchetta

 


Jung e la volontà di potenza

 

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Jung e la volontà di potenza

di Roberta Rossi

  

Per le psiconevrosi l'unica cosa che si deve richiedere è che la cura sia psichica. Esistono però un'infinità di metodi, regole, prescrizioni, opinioni e dottrine ...  Ogni psicoterapeuta capace sfiora, consciamente e inconsciamente, anche tutti quei registri che non fanno parte della sua teoria. Non ha senso evitare il punto di vista freudiano, adleriano, o qualsiasi altra concezione.

Jung (Opere, vol. XVI, p.98)

 

Io ho avuto il vantaggio, rispetto a Freud e Adler, di non essere cresciuto nell'ambito della psicologia delle nevrosi. Io provengo [dal lavoro sulle psicosi]. [Inoltre] ho avuto sotto gli occhi lo sviluppo delle teorie di Adler [e] questo mi ha posto sin dall'inizio, per così dire, dentro il conflitto [fra le teorie] e costretto a riguardare non soltanto le opinioni [di Freud e Adler], ma anche le mie stesse, come relative.

Jung (Opere, vol. VII, p. 118-119)

 

C. G. Jung sostenne una volta che "occorrono moltissimi punti di vista teorici per dare un quadro approssimativo della multiformità della psiche; sbaglia perciò chi rimprovera alla psicoterapia di non saper unificare le proprie forze" (Opere, vol. XVI, p. 98-99).

Quello espresso da questa frase, non unico però fra i suoi punti di vista[i], può esser chiamato il suo principio relativistico. Ma esso si sposa ad almeno altri due suoi principi: quello olistico e quello dialogico. Di cosa si tratta?

Per il principio del relativismo delle prospettive è valida ogni prospettiva coerente, ma tale validità è limitata a ciò che si vede da quel punto.

Per il principio olistico ogni approccio parziale è insufficiente; la vita psichica va colta nella sua complessità; la psicologia analitica potrebbe più propriamente esser chiamata psicologia complessa.

Per il principio dialogico ogni approccio si apre ad ogni altro approccio possibile.

La psicologia junghiana dovrebbe più propriamente chiamarsi psicologia complessa come Toni Wolff suggerì a Jung. Dice del resto Jung nel 1929: "Intendo dar vita ad una psicologia analitica generale che comprenda psicoanalisi freudiana e psicologia individuale adleriana e altre tendenze della psicologia complessa" (Jung, I problemi della psicoterapia moderna, p. 63). Jung intende perciò comprendere all'interno della sua teoria complessa, secondo il punto di vista olistico e dialogico, sia Freud che Adler come due opposti, due punti estremi di un arco che contiene tutte le psicologie dell'inconscio. Jung propone dunque di una teoria capace di integrare i complessi che si attivano nel settore della sessualità (campo di Freud) e quelli che si organizzano nel campo del potere (Adler). Entrambi i pensatori isolano famiglie di complessi (la famiglia della sessualità e la famiglia della volontà di potenza) e le innalzano a principio esplicativo di tutta la psiche. È come se ogni autore avesse un daimon che lo porta a vedere la vita da una prospettiva o dall'altra. Jung nel 1913 espose una teoria dei Tipi psicologici come espediente interpretativo delle differenze insorte fra Adler e Freud. Vi si annunciava la legittimità sia dell'interpretazione della vita psichica proposta da Freud che di quella proposta da Adler. La differenza fra loro dipendeva unicamente, nella prolusione junghiana del 1913, dal fatto che Freud e Adler erano due tipi psicologici diversi. Entrambe le dottrine erano interpretazioni legittime per lui, purché riconoscessero i limiti della loro visione, che poteva essere solo soggettiva e parziale. In ogni formulazione di un pensatore entra inevitabilmente la vita psichica dell'interprete. Freud ed Adler non ci hanno dato perciò due psicologie complesse. D'accordo! Ma come fa allora quella junghiana ad essere "complessa", se anche Jung appartiene ad un tipo psicologico specifico? Anch'essa risente dell'interprete. Jung riconosce nel 1921 che anche la più comprensiva teoria dei tipi è a sua volta condizionata dalle scelte soggettive di chi la formula. Sappiamo però che Jung, nel 1913, si augurava ancora che la psicologia del profondo potesse raggiungere quel punto di vista superiore entro cui le visioni parziali, dovute all'atteggiamento o tipo psicologico, fossero comprese.

In sintesi secondo questo punto di vista sostiene che:

a)        Nessuna teoria psicologica può pretendere di erigersi al di sopra della storia.

b)       Ogni teoria ingloba l'equazione personale dell'autore.

c)        Ogni teoria è solo un punto di vista, una prospettiva che coglie la psiche in una relativa interezza. Riconosce tuttavia che da altri punti di vista si possano cogliere altre prospettive, anche loro capaci di interezza. Ognuna di queste fornisce una descrizione completa della vita psichica vista da quel punto. Ogni interpretazione è relativa ad una prospettiva (relativismo ermeneutico)

d)       Una psicologia complessa è sensibile all'epistemologia e consapevole dell'aspetto metaforico di ogni modello.

e)        La psicologia complessa è olistica, si ribella al riduttivismo naturalistico a causalità lineare. Non può quindi accettare nemmeno gli archetipi, che si rivelano essere naturalistici e causali come le pulsioni. Un principio di questo genere dovrebbe prevedere che il sistema olistico è inclusivo e aperto alle nuove ricerche empiriche e teoriche, anche se non coerenti col tipo psicologico dell'inclusore. Inglobare tutti i punti di vista storicamente raggiunti, integrandoli in un sistema coerente? Trevi sembra proporlo, ma credo una teoria troppo vasta sia come nessuna teoria e che il terapeuta non riesca più a lavorare tenendo presente una mole troppo vasta di opportunità e di punti di vista.

f)         La psicologia complessa non accetta né l'oggettivazione della psiche né una psicologia perennis. PC è soggettiva in quanto l'osservatore influenza l'osservazione. PC è storicistica e tipologica, nel senso che la psicologia non è perenne perché si appoggia alla storia e non alla natura e nel senso che è valido tanto Freud quanto Adler: Quanto a Jung una teoria non ce l'ha. Egli si propone come il garante della legittimità e della limitazione di ogni psicologia.

  Vediamo di fornire ora un esempio pratico di confronto fra le due teorie psicodinamiche suddette, suggerito dallo stesso Jung. Scrive Jung: "Il destino ha voluto che proprio uno dei primi allievi di Freud, A. Adler, abbia elaborato una teoria che si basa esclusivamente sul principio di potenza"(Gesammelte Werke, vol. VII, p. 35). Un secondo contrasto fra i due, aggiunge Jung, è che "per Freud tutto consegue causalmente da fatti precedenti, mentre per Adler tutto è aggiustamento condizionato per conseguire un fine" (ib., p. 35).

Jung a questo punto propone un caso clinico:

 

Una paziente nella sua infanzia ama teneramente il padre e ha la fantasia di essere la donna adatta a lui. Un giorno, mentre la paziente è a teatro con lui, una donna avvenente viene guardata cupidamente dal padre.  I rapporti con lui allora cambiano ed essa cominicia a provare ambivalenza verso il padre. A 14 anni il padre muore e, quando la paziente apprende questa notizia, viene colta da un dolore incontenibile misto a convulsioni isteriche di riso. Ma le sue condizioni migliorano presto e non tornano a peggiorare che quando incontra un giovane italiano che la guarda cupidamente. Anche qui dopo un po' la nevrosi migliora finché, sposata, suo marito comincia a provare interesse per un'altra donna. (liberamente riassunto da Gesammelte Werke, vol. VII, p. 36 e segg.).

 

Jung considerò due possibili punti di vista.

a) La psicologia freudiana suggerisce che il conflitto sessuale e il desiderio del padre si attivano solo quando accade qualcosa di analogo che risvegli l'evento adolescenziale.

b) Per la visione adleriana, invece, "la pulsione di potenza vuole che l'Io s'imponga in tutte le circostanze" (ib., p. 38). La prima esplosione di nevrosi della nostra paziente si verificò nel momento in cui si rese conto che c'era qualcosa di suo padre che essa non dominava. Quando non riusciamo a dominare qualcosa la nevrosi ci offre un modo per aggirare, per aggiustare le cose.

Dice Jung:

"È indubbio che la pulsione di potenza svolge un ruolo assolutamente straordinario. È vero che i complessi sintomatici sono anche un raffinato modo di aggiustarsi che persegue inesorabilmente le sue mete con incredibile ostinazione e con astuzia senza uguali. La nevrosi è orientata a conseguire un fine ... Quale dei due punti di vista [adleriano o freudiano] è quello giusto? Rispondere a questa domanda è un vero rompicapo. Non è possibile allineare semplicemente le due spiegazioni l'una accanto all'altra: il loro contrasto è assoluto". (GW, vol. VII, p. 40-41)

E ancora:

"L'irriducibilità delle teorie discusse impone l'esigenza di un punto di vista superiore che permetta di ricondurle all'unità ... non si può negare che entrambe contengano importanti verità le quali, per quanto contrastanti, non possono escludersi a vicenda ... la teoria di Freud è di una semplicità così seducente che si prova quasi una sofferenza nel vedere qualcuno insinuarvi il cuneo di un'affermazione opposta; ma lo stesso si può dire della teoria di Adler ... anche questa è di una semplicità palmare e apporta non minori chiarimenti della dottrina freudiana ... ora poiché entrambe le teorie sono giuste in larga misura è chiaro che la nevrosi deve avere due aspetti contrastanti." (GW, vol. VII, p. 42)



[i] A causa dell'incompatibilità delle molteplici visioni junghiane, ogni autore postjunghiano, che abbia necessità e velleità sistematiche, sembra avere la sua idea personale di junghismo. Costretto a scegliere alcuni punti fra loro compatibili e a scartarne altri, ognuno mette a sistema solo alcuni elementi. Si formano così le diverse scuole o correnti.

A Jung si possono attribuire i seguenti quattro principali punti di vista:

a) esistono gli archetipi e l'inconscio collettivo (formazioni aprioristiche, eterne, oggettivanti); un punto di vista dogmatico.

b) non si può essere dogmatici; non si può che essere aperti, dialogici, soggettivi

c) lo scopo ultimo della terapia è la sintesi dei contrari. (dialettica hegeliana: tesi, antitesi, sintesi)

d) esistono delle fasi nello sviluppo (punto di vista evolutivo)

I quattro punti di vista sono in parte incompatibili fra loro. Da ciò nascono le cinque principali correnti (quattro sistematiche e una onnicomprensiva) come:

1) quella di Hillmann che è oggettivante e archetipica;

2) quella cui aderisce Trevi che è soggettivante e dialogica o dialettico-platonica;

3) la corrente Montefoschi che è soggettivante e sintetica o dialettico-hegeliana;

4) la corrente evolutiva che fa capo a Neumann;

5) la corrente zurighese ortodossa, che fa capo alla Von Franz (e non mostra alcun bisogno di sistematicità), che vuole prendere tutto quello che ha scritto Jung senza scartare niente.

In particolare per quest'ultima si possono isolare, come per la metapsicologia freudiana sono stati isolati, da parte di Rapaport, sei modelli teorici non integrabili fra loro, tre modelli: strutturale, energetico, dinamico.

Il modello TOPICO E STRUTTURALE junghiano è caratterizzato da: le quattro funzioni fondamentali della personalità, i tipi psicologici, gli archetipi, i complessi o subpersonalità, i subsistemi Ombra, Io, Persona, Anima, Sé.

Il modello DINAMICO ci fa conoscere le vicende delle coppie polari (coscienza-inconscio, Io-Ombra, Persona-Anima), la dialettica dei contrari, il processo d'individuazione, il cammino dell'Eroe, la terra delle Madri, il sacrificio del Padre

Il modello ENERGETICO, o economico, prevede una ridefinizione del concetto di libido (1912), di energia attuale e potenziale, di gradiente psichico e livellamento energetico, di annullamento della tensione e contenimento della tensione, di movimento progressivo e regressivo della libido, di conservazione dell'energia, di entropia, di travaso di energia, di simbolo, di trasformazione della libido, di Io mediatore, di incesto simbolico (unione col simbolo anziché con l'oggetto), di identità finale di soggetto e oggetto. La descrizione dell'ultimo modello può riassumere l'intera metapsicologia in una visione integrata e in un racconto unitario.

Le APPLICAZIONI CLINICHE della metapsicologia junghiana compendiano in sé gli elementi di tutti tre i modelli teorici in un percorso individuativo concreto in cui l'analizzando affronta la dialettica del male, la dinamica del transfert, l'evoluzione della propria coscienza, i sacrifici della trasformazione, l'ingresso nell'universale.

 

 

[1] A causa dell'incompatibilità delle molteplici visioni junghiane, ogni autore postjunghiano, che abbia necessità e velleità sistematiche, sembra avere la sua idea personale di junghismo. Costretto a scegliere alcuni punti fra loro compatibili e a scartarne altri, ognuno mette a sistema solo alcuni elementi. Si formano così le diverse scuole o correnti.

A Jung si possono attribuire i seguenti quattro principali punti di vista:

a) esistono gli archetipi e l'inconscio collettivo (formazioni aprioristiche, eterne, oggettivanti); un punto di vista dogmatico.

b) non si può essere dogmatici; non si può che essere aperti, dialogici, soggettivi

c) lo scopo ultimo della terapia è la sintesi dei contrari. (dialettica hegeliana: tesi, antitesi, sintesi)

d) esistono delle fasi nello sviluppo (punto di vista evolutivo)

I quattro punti di vista sono in parte incompatibili fra loro. Da ciò nascono le cinque principali correnti (quattro sistematiche e una onnicomprensiva) come:

1) quella di Hillmann che è oggettivante e archetipica;

2) quella cui aderisce Trevi che è soggettivante e dialogica o dialettico-platonica;

3) la corrente Montefoschi che è soggettivante e sintetica o dialettico-hegeliana;

4) la corrente evolutiva che fa capo a Neumann;

5) la corrente zurighese ortodossa, che fa capo alla Von Franz (e non mostra alcun bisogno di sistematicità), che vuole prendere tutto quello che ha scritto Jung senza scartare niente.

In particolare per quest'ultima si possono isolare, come per la metapsicologia freudiana sono stati isolati, da parte di Rapaport, sei modelli teorici non integrabili fra loro, tre modelli: strutturale, energetico, dinamico.

Il modello TOPICO E STRUTTURALE junghiano è caratterizzato da: le quattro funzioni fondamentali della personalità, i tipi psicologici, gli archetipi, i complessi o subpersonalità, i subsistemi Ombra, Io, Persona, Anima, Sé.

Il modello DINAMICO ci fa conoscere le vicende delle coppie polari (coscienza-inconscio, Io-Ombra, Persona-Anima), la dialettica dei contrari, il processo d'individuazione, il cammino dell'Eroe, la terra delle Madri, il sacrificio del Padre

Il modello ENERGETICO, o economico, prevede una ridefinizione del concetto di libido (1912), di energia attuale e potenziale, di gradiente psichico e livellamento energetico, di annullamento della tensione e contenimento della tensione, di movimento progressivo e regressivo della libido, di conservazione dell'energia, di entropia, di travaso di energia, di simbolo, di trasformazione della libido, di Io mediatore, di incesto simbolico (unione col simbolo anziché con l'oggetto), di identità finale di soggetto e oggetto. La descrizione dell'ultimo modello può riassumere l'intera metapsicologia in una visione integrata e in un racconto unitario.

Le APPLICAZIONI CLINICHE della metapsicologia junghiana compendiano in sé gli elementi di tutti tre i modelli teorici in un percorso individuativo concreto in cui l'analizzando affronta la dialettica del male, la dinamica del transfert, l'evoluzione della propria coscienza, i sacrifici della trasformazione, l'ingresso nell'universale.


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