Il viaggio psicodialettico dell'uomo sulla terra può suddividersi in tre tappe: una prima tappa di
ispirazione freudiana, una seconda junghiana, una terza buddhista.
A sua volta ogni tappa può dividersi in cinque passi secondo il modello di Hegel: tesi, separazione,
antitesi, integrazione, sintesi. In tutto abbiamo dunque quindici passi da
compiere prima di giungere al traguardo del quindicesimo uomo (per approfondimenti vedi
QUI ).
La tappa terza, buddhista, presenta in ogni suo passo
tre qualità
operative: conoscenza, virtù e pratica , che ne consentono la realizzazione e la verificabilità.
In questa ultima sezione, che abbiamo chiamato La via dei quindici passi , si pone sotto esame
l'efficacia dell'intero progetto.
Il metodo nelle scienze naturali
Le teorie al vaglio del metodo scientifico
La pratica e il metodo
Quando saremo giunti al termine del nostro quindicesimo passo potremo dimostrare
che le promesse pratiche della psicodialettica sono state mantenute? Che tipo di
sapienza, di virtù, di pratica stiamo proponendo e raggiungeremo? Quali elementi osservabili
offre il nostro metodo al controllo del metodologo? Alcune delle azioni nuove
che il quindicesimo uomo
effettivamente compie, molte delle decisioni che prende, delle parole che pronuncia non
sono forse dati oggettivi?
La psicodialettica è fatta di quindici passi. L'ottuplice sentiero illustra
solo gli ultimi cinque. Ma nei primi dieci passi di dolore da
smaltire ce ne è ancora tanto. Possiamo considerare la psicodialettica (quindici passi) una teoria
più ampia che non il buddhismo (cinque passi). La sua analisi epistemologica sarà dunque
più complessa. Non ci resta che affrontarla, separando il poco di scienza che contiene
da quel molto di metafisica che la contorna.
Una teoria per essere ammessa fra le scienze empiriche deve essere confutabile, ma
non essere mai stata ancora confutata.
In questi percorsi di validazione, che possono essere lunghissimi, non bisogna
perdersi d'animo. La storia ce lo insegna. Abbiamo visto teorie, che un tempo
erano solo idee filosofiche, diventare,
col progredire della ricerca, verificabili, a motivo della crescita
dei mezzi di osservazione e di controllo. Per esempio la teoria atomistica,
che non andava oltre la metafisica ai tempi di Democrito, possiede oggi analogie con teorie
scientifiche oggi controllabili grazie agli acceleratori di particelle.
Speriamo che possa capitare anche alla nostra. Per cui partiamo coraggiosamente.
C'è stato un ben preciso momento in cui ho sentito di essere su una via definita
da tempo, ma che solo allora trovava le parole per dirsi. È accaduto nel 1989
mentre preparavo il mio intervento per il Congresso internazionale di Lugano
sulla Intelligenza Artificiale. La via che ho visto in quel momento davanti a me
(ma la stessa via stava anche dietro di me ed era quella che avevo già percorso)
traversava una terra monacale. Mi accorsi,
e fu un'epifania improvvisa, d'averla percorsa sempre, senza saperle dare alcun nome,
sin dal tempo giovane dell'università. Fui dunque sempre nell'anima un monaco cristiano,
prima di scoprirmi anche buddhista. Le due anime vivono in me in sinergia naturale,
senza alcun mio intervento correttivo. L'esperienza degli anni che seguirono l'89
giunsero a completare un sistema filosofico che dall'inizio del mio insegnamento (1977)
aveva dovuto occuparsi soprattutto di Hegel, Freud, Jung e Popper. Ne nacque pian piano la via
dei quindici passi che fu a lungo praticata e affinata con un gruppo di allievi nelle
meditazioni domenicali che conducevo presso l'abbazia benedettina di Torrechiara
nella pianura parmense. Anni più tardi, nel 2007, due allieve mi chiesero di potersi
dedicare a un riassunto dei miei quindici passi (ne risultava poco più di un indice)
nel loro volume che titolava
"Di alcuni passi sulla via psicodialettica" ed era dedicato alla mia teoria evolutiva.
Era pero giunta, a quel punto, l'ora di chiedersi se questa teoria, almeno in qualche sezione,
apparteneva o meno a qualche tipo di scienza.
Per rispondere occorreva fare un passo indietro e affrontare con severità la questione e chiedersi quando
è che una teoria è scientifica.
Scegliamo questa definizione: una disciplina appartiene almeno in alcune parti alla scienza
se in queste parti la sua teoria è confutabile e i suoi concetti sono osservabili. Sappiamo che
le scienze empiriche naturali (fisica, chimica, ecc.) soddisfano in generale questa condizione,
mentre le scienze umane (sociologia, psicologia, ecc.) la soddisfano solo entro modalità adatte
alla loro natura, ossia ai temi trattati.
Le teorie empiriche devono essere controllabili empiricamente; e sono tali quando le sue leggi
sono relative ad eventi confrontabili con l'esperienza. A queste condizioni la psicodialettica
non può sperare che di appartenere alle scienze umane. Cercheremo di capire
di conseguenza quanto convenga impegnarvi i propri sforzi.
Nella nostra disciplina il modello hegeliano è pura speculazione filosofica e non ha nulla a che
fare con la scienza. Poco di più può dirsi degli eventi di separazione e individuazione del campo
junghiano. Un discorso più problematico può invece aprirsi nel primo e nel terzo viaggio in quanto
sia la parte freudiana che quella buddhista hanno anche non pochi concetti controllabili.
Pensiamo al terzo viaggio e chiediamoci: conviene meditare? E' obbiettivamente controllabile che
faccia così bene come noi diciamo?
E' provato il suo grado di efficacia? E' probabile che una persona, esterna al nostro mondo buddha,
abbia in sé queste
domande, visto che gli si chiede di fare ben otto impegnativi gradini per salire fin lassù.
Noi dobbiamo rispondere a queste domande. Dobbiamo dimostrare che la Psicodialettica (nelle sue
costituenti
freudiana e buddhista che vantano qualche pretesa in tal senso)abbia una qualche efficacia sul piano
della
spiegazione e della previsione. Dobbiamo elencare i dati in ingresso e in uscita e chiarire quali siano
osservabili (e in che misura) e quali no. Si tratta di una impresa insidiosa in quanto partiamo già
ben consapevoli
che solo il soggetto praticante vede e sente i parametri in ingresso e in uscita in modo forte
anche se inficiati dalla soggettività.
Quali sono i fatti controllabili nel terzo viaggio buddhista? Possono essere descritte in modo
osservabile
le caratteristiche thatata di arrivo del quindicesimo uomo? Lui stesso, almeno, può osservare
con chiarezza,
il grado, pur non misurabile, di assenza di attaccamento (raga), avversione (dosa),
ignoranza (avijja)? Dovremo accontentarci di risposte qualitative, come sempre in questi campi.
E i dati di partenza? La convinzione che il nostro corpo, la nostra mente, i nostri possessi,
gli eventi stessi
che ci capitano siano dotati di esistenza, sostanza, permanenza, peso, desiderabilità o
sgradevolezza devono essere
tutti misurati o qualcuno può essere ritenuto una ovvia naturale presenza?
In campo psicoanalitico si afferma, credo a ragione, che i miglioramenti di un paziente ben
analizzato possono essere osservati
e compresi solo in parte da un osservatore esterno che non abbia fatto una uguale esperieza analitica,
mentre due persone analizzate con successo sanno benissimo cosa stanno provando e di cosa stanno
parlando.
Essi hanno visto le stesse cose invisibili.
Credo che la
stessa cosa possa dirsi di due meditanti vipassana i quali immaginano di sapere
abbastanza bene cosa sta provando l'altro ("sta certo provando quello che sto provando io!"),
ma non riuscirebbero
a descriverlo ad alta voce ad un ascoltatore estraneo al mondo della meditazione. Lo si potrebbe
vedere solo dalla loro beatitudine
Di solito non si insiste per convincere
i profani della bontà della via. Una delle poche armi disponibilli pare essere: provare per credere.
Anche se, almeno
un po', occorrerebbe crederci a priori per esser disposti a iniziare a provare.
Le teorie sono anche materie di fatto o solo relazioni di idee?
Tutti gli oggetti della ragione e della ricerca umana si possono dividere
in due specie, cioè relazione di idee e materia di fatto. Alla prima specie
appartengono le scienze della geometria dell'algebra e dell'aritmetica; e,
in breve, qualsiasi affermazione che sia certa sia intuitivamente che
dimostrativamente. Proposizioni di questa specie si possono scoprire
con una semplice operazione del pensiero, senza dipendenza alcuna da
qualche cosa che esista in qualche parte dell'universo […] Le materie di
fatto, che sono la seconda specie dell'umana ragione, non si possono
accertare nella stessa maniera […] Invano pretenderemo di determinare
qualche singolo fatto, o di inferire qualche causa o qualche effetto,
senza l'aiuto dell'osservazione e della esperienza […] Così vi è una
legge del movimento, scoperta per mezzo dell'esperienza, secondo la
quale il momento, o forza di un corpo in movimento, è uguale alla
proporzione composta della sua massa e della sua velocità […] La
geometria ci aiuta nell'applicazione di questa legge, fornendoci
esatte dimensioni di tutte le parti e di tutte le figure che possono
entrare in una qualche specie di congegno; ma la scoperta della legge
è dovuta tuttavia soltanto all' esperienza e tutti i ragionamenti astratti
del mondo non potrebbero mai farci avanzare di un passo verso la sua
conoscenza.
(David Hume, Ricerca sull'intelletto umano)
La scienza: congetture e confutazioni.
Gli psicoanalisti sottolineano che le loro teorie sono costantemente
verificate dalle loro osservazioni cliniche. Quanto ad Adler restai molto
colpito da un'esperienza personale. Una volta nel 1919 gli riferii di un
caso che non mi sembrava particolarmente adleriano, ma che egli non trovò
difficoltà ad analizzare nei termini della sua teoria dei sentimenti di
inferiorità pur non avendo nemmeno visto il bambino. Un po' sconcertato
gli chiesi come poteva essere così sicuro. "A causa della mia esperienza
di mille casi simili" egli rispose; al che non potei trattenermi nel
commentare: "E con questo ultimo, suppongo, la sua esperienza vanterà
mille e uno casi".
(Popper, Congetture e confutazioni)
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