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Introduzione
di Luciano Rossi
Negli anni tardi della propria vita Freud odia gli uomini
e la società. I suoi allievi, come lui, fanno dell’opposizione uno stato normale, quotidiano dell’esistere. Come lui non sanno andare
oltre l’antinomia, irriducibile condizione di conflitto fra individuo e società, fra desideri e mondo, fra natura e cultura,
fra figlio e genitori. Pareva a lui che oltre a questo non si potesse andare. Punto insuperabile, il conflitto pulsionale diventava la regola,
la norma, il disagio inevitabile.
Studioso di archeologia e mitologia, di archetipi e simboli,
medico di psicotici e aperto al discorso filogenetico nel 1912 a Jung appare la possibilità di andare oltre.
Lavorando sugli scritti di miss Miller scopre i simboli della trasformazione.
Cosa sono i simboli e cosa è la trasformazione?
I simboli sono i simboli della libido. Libido del figlio e libido della madre. Trasformazione è cambiamento dell’assetto lipidico
in seguito al rito simbolico. Lavora dunque con i simboli Jung, e li distingue in sinizetici e metapoietici. Di cosa si tratta?
Per rispondere faccio un passo indietro e riprendo l’esempio con cui lo stesso Jung li illustra. Si tratta del rito Wachandi
della semina.
I Wachandi sono indigeni australiani che per ottenere
un buon raccolto fecondano la terra con un rito. Fanno una buca nella terra, l’adornano di foglie e dopo una danza conficcano le loro
lance in questa buca. Come si nota è un vero e proprio atto sessuale. In questo caso lance e buca funzionano come simboli sinizetici,
mentre la danza è un simbolo metapoietico. Questi indigeni simbolicamente fecondano la madre. Jung utilizzando questi simboli
permette l’unione incestuosa ed il risultante è l’Eroe che ha elaborato la differenziazione e l’integrazione del maschile e del
femminile interni.
Posso dunque riprendere a questo punto la definizione
delle due classi di simboli. Simbolo sinizetico è un oggetto che sta al posto di un altro oggetto. Qualcosa che sta per qualcos’altro.
Dunque col solo simbolo sinizetico non c’è alcuna attività e alcuna trasformazione. C’è solo la nomina di ambasciatori che rappresentino
qualcun altro nella auspicata mediazione e cessazione del conflitto. Simbolo metapoietico invece non è un oggetto, ma un’attività,
una funzione, un rito. E questo rito scarica, travasa, trasforma. I simboli metapoietici sono veri e propri riti messi in atto per
scaricare la pulsione attraverso un rito che simula un confronto con l’opposto, divenuto ora accessibile in quanto simbolico.
Con l’esperienza diretta del confronto la persona compie un passo avanti in quel cammino che Jung chiamò INDIVIDUAZIONE.
Per Freud era impossibile congiungere gli opposti (madre e figlio) in quanto lui considerava solo gli oggetto originare e
non i loro sostituti; Jung, invece, dice che il confronto tra coscienza e inconscio (tabù dell’incesto) è possibile
con la mediazione di simboli. Il simbolo sinizetico riceve dalla coscienza e dagli archetipi, compreso quello materno e paterno,
la delega a mediare. Jung con l’utilizzo del simbolo metapoietico rende possibile quell’attività attraverso la quale avviene
l’unione con la natura. La congiunzione dei simboli permette la congiunzione degli opposti da loro rappresentati.
Lo sviluppo ed il divenire della coscienza avviene solo con il confronto continuo.
La Psicodialettica utilizza l’integrazione junghiana e
sotto l’influenza di Hegel individua un percorso a 5 tappe, in un processo continuo e perpetuo. Ogni percorso quinario è formato da
tre fasi e due movimenti o negazioni. Essi sono: Tesi (prima fase) – prima negazione – antitesi (seconda fase) –
seconda negazione – sintesi (terza fase).
Inoltre la Psicodialettica prevede più di un percorso quinario.
E consiglia di farne almeno tre. Ognuno di cinque passi.
I primi 5 passi afferiscono alla storia personale.
Si è alla ricerca dell’indipendenza dai propri desideri e dalle reazioni automatiche. E’ questa la sistemazione dell’irrisolto
conflitto freudiano fra desideri e mondo. I successivi 5 afferiscono alla storia dell’umanità. Si è alla ricerca dall’autonomia
dai genitori, dalla tradizione. E’ su base junghiana. Gli ultimi 5 afferiscono al deficit della creazione. Si è alla ricerca della
libertà dagli attaccamenti e dalle avversioni. Utilizza la psicologia buddista. Dopo il percorso di analisi personale l’individuo
è ben adattato, ma per Jung non è ancora soddisfacente, perché l’individuo normale, standard, deve ancora trovare il suo vero sé.
Così la sintesi precedente diventa la tesi di un nuovo percorso dialettico, che porterà alla formulazione di una nuova sintesi.
Nel percorso transpersonale bisogna fare i conti con il Padre e la Madre oppure con l’Ombra. All’inizio si è ancora in simbiosi,
ma con molto coraggio si partirà per cercare la propria strada. Quando non si sentirà più l’influsso materno e paterno si potrà
tornare presso di loro, ma con una propria etica, autonomia, indipendenza. Alla fine ci sarà una nuova sintesi. Però la creazione
è ancora insufficiente, c’è ancora dolore, attaccamento ed avversione. Cosa si fa?
Ci aiuta la psicologia buddista che con la disidentificazione
insegna l’impermanenza delle cose, sia buone che cattive.
La coscienza si riconfigura come Io, centro di consapevolezza e volontà, testimone, spettatore. Prende atto che esiste come consapevolezza,
volontà e permanenza e prende distanza da tutto ciò che è non Io (pensieri, sensazioni, emozioni, ecc.).
Si accetta il non Io così com’è, sapendo che è impermanente.
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